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Persone e storie... Visti dalla Torre

Marco Torretta, 33 anni, racconta a puntate le sue personalissime… sliding doors
Marco Torretta

Ep. 1 - “Balliamo sul mondo”! Potrebbe essere questa la prima traccia, la canzone introduttiva del cd che racconta il protagonista di questa settimana di Persone&Storie. Bel ragazzo, sicuro, piace (e sa di piacere); ha carisma, veste bene e con stile. Adora le belle macchine (Maserati su tutte… vero?), Montecarlo, il vino d’annata e i ristoranti o i locali dove non conta andarci, ma esserci (due concetti completamente differenti). Ecco la sua storia. “Mi chiamo Marco Torretta, ho 33 anni e tutti gli amici veri, quelli soprattutto della ‘mie’ Biella e Cossato, mi chiamano ‘Il Torre’…”. Beh quando senti parlare di torre ti vengono in mente il Medioevo, alcuni monumenti incantevoli dell’Italia e d’Europa, ma soprattutto gli scacchi. Proviamo a giocarci questa partita e proseguiamo nella chiacchierata. Scopro che, seppure giovanissimo (ha come si dice in gergo ‘solo’ gli “anni di Cristo”, che oggi sono un terzo, forse anche meno, del ‘cammin della vita’), ha una laurea “in Lingua e Letteratura straniera ottenuta nel 2009. E dall’anno successivo ho sempre avuto delle scelte fondamentali da fare… ma delle quali ne vado orgoglioso, perché sono uno che ama prendersi le responsabilità a 360° e non si tira mai indietro”.

Marco è così… poche ma significative parole. Per lui parlano le immagini che lo ritraggono sui ‘social’ sempre ‘in tiro’, in gran forma: abiti eleganti, circondato da splendide donne, in posti incredibili, auto, feste e quello sguardo che buca come dire: “Io sono il Torre e tu?”. Perché avrà anche mille difetti, ma un enorme pregio: conosce se stesso.

Parli di scelte, facci qualche esempio. “L’anno successivo alla laurea ho preso parte ad un’iniziativa a Torino per Io Lavoro e tra le imprese presenti c’era un tour operator notissimo che aveva bisogno di un animatore in gamba. Non ci ho pensato un attimo, ci ho provato e subito dopo mi sono ritrovato in giro per il mondo per posto incredibili ad incontrare persone davvero straordinarie. Su tutti ricordo con affetto e anche orgoglio il periodo a Bodrum in Turchia. È qui che ho capito di essere un ‘animale sociale’, nel senso di essere una persona che vive, si nutre e si trova a suo agio grazie alle relazioni sociali. Comincio a capire che il mio ruolo per il futuro dev’essere quello di magnete tra cliente e fornitore, per dare la massima soddisfazione al primo e la migliore risposta possibile al secondo”.

Sono anni in cui Marco, pardon Il Torre, si toglie diverse soddisfazioni, come quella di far praticare una disciplina esclusiva e poco frequentata come il Tiro con l’Arco a grandi numeri di appassionati dell’ultim’ora… Tutto merito della sua verve, della sua vivacità e del suo sguardo che è sincero e sicuro. Sempre, senza se e senza ma…

Poi nel 2013 un’estate che difficilmente si può dimenticare. “Conosco in modo molto originale un impiegato di banca qui a Biella e diventiamo all’istante un duo incredibile per le ‘pazzie’ che si fanno quando hai 25 anni o poco più… Non dimenticherò mai i venerdì sera a Torino in un locale esclusivo e, dopo qualche ora di meritato riposo, eccoci in Riviera ligure. Insomma instancabili e infaticabili, soprattutto con le ragazze, con le quali avevamo una specie di ‘patto’: se entro 15 minuti capiamo che non c’è nulla da fare… cambiamo ‘obiettivo’ e passiamo ad altre due… Mi bastava vedere come camminava, come mi guardava e soprattutto se c’era qualche minima possibilità per provarci e devo dire che mi sono, anzi ci siamo divertiti moltissimo, anche perché avevo un’arma segreta”. Arma segreta?“Sì – e ride –il mio francese madrelingua, visto che ho vissuto a Marsiglia sin quando ero bambino e che ancora oggi parlo correttamente senza problemi. Mi prendevano per uno straniero e devo dire che la cosa mi ha facilitato e non poco…”.

E poi? “E poi arriva l’estate e succede di tutto. Mi chiamano per un colloquio a Parigi per un notissimo marchio di moda italiano. Avevo grandi prospettive e possibilità, da poter diventare addirittura responsabile del punto vendita nella capitale francese. Insomma un sogno. Vado a Parigi e mi stabilisco per un mesetto attendendo l’ok finale e la firma definitiva del contratto. Dopo qualche settimana che non ho risposte, anche se mi dicono che è tutto a posto e mancano solo le formalità, vado a Bruxelles a trovare una mia cara amica. E proprio in Belgio arriva quella telefonata. È ottobre e dall’altra parte del telefono c’è mia nonna che mi parla con voce strana, non è lei, c’è qualcosa che non va… Piange e allora in treno dopo un viaggio interminabile arrivo a Biella passando da Parigi. Torno a casa e nel giro di pochi giorni viene dato il responso di un esame medico: mia madre ha un tumore. Mi crolla il mondo addosso, ma sento la responsabilità di darmi da fare e proprio in quelle ore… ancora il telefono che squilla. È una chiamata da Parigi: qui il contratto è pronto per la firma messieur Torretta”.

Immaginabile lo stato d’animo… che cosa fare? Cosa scegliere? La testa dice il lavoro, gli affari, i soldi e le opportunità nel mondo della moda: in una sola parola, Parigi. “Ma io sono uno che ragiona solo col cuore… ed eccomi con mia madre. Lei ha bisogno di me ora e io con i miei fratelli e mio padre ci sono. Se metti il cuore davanti a tutti, prima o poi tutto ritorna e le scelte si rivelano le migliori. Anche quando meno te l’aspetti…”.

E poi? E poi… meglio fermarsi: c’è sempre tempo per ballare sul mondo.

Ep. 2 - E la vita continua… anche senza di noi!” cantava Vasco nel lontano 1980. Marco non era ancora nato e tra l’altro il rocker di Zocca non è nemmeno nelle sue ‘corde’ (gli piacciono Ligabue, Lucio Battisti e i Coldplay), ma mai una frase del genere calza a pennello per quel maledetto semestre che condizionerà la sua vita e che lo farà diventare quel che è e quel che vuole essere.

L’autunno del 2013 è stato terribile – racconta – posso dire oggi con orgoglio di essere passato da uomo a Uomo, perché se ti capitano certe cose, vivi certe situazioni e avverti certe sensazioni non può essere altrimenti… Mi ricordo come fosse oggi di una scena: i miei genitori che entrano nella nostra casa di Cossato in lacrime dopo una visita specialistica. Dicono a me e ai miei fratelli che mia madre ha un terribile tumore e che i medici le hanno dato non più di 6 mesi di vita”. Prima reazione? “Semplice: stiamo uniti, insieme possiamo vincere tutte le battaglie e superare ogni ostacolo. Pronti per i prossimi combattimenti!”. Ed è qui che lo spirito guerriero, pieno d’orgoglio e carico di senso di squadra ha il sopravvento e viene fuori il dna del Torre: “Ho provato tantissima rabbia, solitudine e a volte paura di non potercela fare, ma soprattutto senso della famiglia, di sentire qualcuno vicino e al mio fianco e voler essere io a fianco di un mio caro. Abbiamo iniziato a combattere come guerrieri come forse non avevamo mai fatto prima e di questo ne ha beneficiato su tutti mia madre che invece di 6 mesi è riuscita – con forza e tenacia – ad arrivare a quasi quattro anni…”.

Com’è cambiato il tuo modo di vivere, soprattutto fuori dalle mura di casa, in quegli anni di ‘guerra’? “Innanzitutto ho capito che la vita è un dono meraviglioso e che ogni giorno va vissuto a fondo da quando ti alzi sino a quando non appoggi la testa sul cuscino. In quegli anni ho anche vissuto una sfida con me stesso, giorno per giorno, per cercare di tenere le questioni legate alla salute di mia madre lontane da vicende di lavoro, dalla cerchia di amici e dalla mia vita ‘normale’ fatta di sport, relazioni sociali e affari. Ho come creato un’armatura per difendermi e difendere le persone che più amo, la mia famiglia, e questo purtroppo o per fortuna mi ha dato la possibilità di vedere da subito chi fosse mio amico vero da chi non lo era in alcun modo. Ho notato una diaspora di persone che credevo vicine e che invece si sono rivelate per quel che sono. Bene, ho pensato, da oggi so di chi devo fidarmi e chi invece è bene che se ne stia alla larga. Tutto questo perché non capivano il mio stato d’animo e il mio modo di intendere la vita in quelle settimane, mesi e anni di dura battaglia. Insomma una selezione naturale che mi ha fatto ulteriormente crescere”.

Momenti di leggerezza o di socialità ce ne sono stati? “Assolutamente sì, anzi: ho cominciato ad entrare in modo più organico e metodico nel ‘mondo della notte’. L’aspetto per così dire frivolo doveva essere ed era una sorta di escamotage per avere la mente occupata e devo dire che mi ha fatto molto bene… Mio fratello dj (Andrea Torretta) mi ha fatto conoscere Christian Marchi, uno dei più noti personaggi di questo mondo, e abbiamo cominciato a collaborare e vivere da vicino questo mondo da una prospettiva totalmente differente: prima da cliente, ora da producer oppure organizzatore di eventi e serate. Poi ho conosciuto Maurizio Lo Vecchio, titolare della discoteca Celebrità, che con il suo staff mi hanno sempre fatto sentire a casa loro a Trecate. Insomma un periodo intenso, vivo e ricco di adrenalina”.

E dal punto di vista del lavoro ‘ufficiale’? “Beh anche qui ho avuto un’esperienza stupenda a Parma dove mi sono trasferito. Non so neanche quanti chilometri avrà fatto in quegli anni: Cossato-Parma avanti indietro una marea di volte, almeno 2 alla settimana, per non mancare il mio sostegno e soprattutto perché avevo bisogno di vedere mia madre che lottava e sentire il suo calore, le sue parole e il suo amore. Nella città emiliana grazie ad un’amica e collega che ho stimato moltissimo, sono riuscito ad introdurmi nel posti giusti con le persone giuste. Una situazione, quella parmense ed emiliana, totalmente differente da quanto possiamo pensare in Piemonte oppure in Lombardia. Ero un commerciale per un’importante azienda di software e come ‘campo di battaglia’ avevo Marche, Trentino Alto Adige, Liguria e soprattutto il ‘mio’ Piemonte; questo mi ha permesso a volte di tornare a casa anche solo per un pranzo con i miei, approfittando del fatto di avere dei clienti nelle vicinanze… Un bellissimo ricordo è di una volta in cui, nonostante fossi stanchissimo, ho raggiunto i miei a Cossato; appena ho visto lei, col suo sorriso e il suo abbraccio, tutto è andato via ed ero di nuovo pronto per altre mille battaglie”.

E poi arrivò ‘quel’ giorno… “Era domenica 22 ottobre 2017 e l’avevo salutata all’ospedale dove era ricoverata e dove le speranze erano ormai finite. Le avevo detto <Ti voglio bene mamma> e lei era riuscita ad avere la lucidità di rispondermi e salutarmi con un <Anch’io…> appena sussurrato. Torno distrutto a Parma ma so che dentro di me sta succedendo qualcosa. Infatti il mattino seguente vado in aziende e parlo con uno dei due titolari: gli racconto che mia madre era molto ammalata, cosa che non avevo detto a nessuno prima di allora. Lei era nell’hospice da una settimana e sentivo che dovevo ritornare a Biella. Infatti nel pomeriggio di lunedì sono da lei e la trovo ormai in stato incosciente. C’è mio padre, ormai allo stremo, stravolto e stanchissimo. Gli dico di andare a casa a riposarsi per qualche ora e rimango con lei, mano nella mano, fianco a fianco, a pulirle la bocca, a metterle la crema sul corpo, a parlarle e sussurrarle tutto quel che mi passava per la testa, sino al mattino del 24. Lei era serena, come se avesse voluto aspettarmi ed infatti nel pomeriggio, con tutti noi presenti, ci ha lasciati. Il primo pensiero fuori dall’ospedale? Un sospiro di sollievo per una donna eccezionale che ha smesso di soffrire”.

Come spesso accade, quando in una coppia molto affiatata muore un coniuge, a pagarne le conseguenze è il partner di una vita. “Mio padre è andato avanti fino a quando aveva l’adrenalina in corpo per poter sopportare un lutto così pesante, dopo un periodo tanto tremendo. Cercava di proseguire con le sue passioni di sempre, vedi il bricolage o la cucina, ma niente era più come prima. Siamo a 28 aprile 2018, sei mesi dopo; è un sabato e la notte non avevo dormito molto bene; nel pomeriggio faccio una specie di pennichella, anche perché avevo appuntamento con gli amici e con Christian Marchi proprio al Cele la sera stessa… Sento il cellulare che squilla e rispondo. È mio fratello che mi dice che c’è un problema serio col papà, ricoverato all’ospedale di Cuggiono (Mi); lui era nel Milanese dai miei nonni molto anziani. Inizialmente pensavo che fossero proprio loro a non stare bene. E invece, cazzo, era proprio mio padre… Credo di aver fatto Cossato-Mesero in mezz’ora o forse meno, mi precipito al nosocomio e la prima persona che vedo è un prete che mi fa le condoglianze; arrivo al Pronto Soccorso e i medici mi dicono che non c’è stato più nulla da fare. Ho una crisi di nervi, volevo spaccare tutti e tutto, sono arrabbiato, anzi incazzato col mondo intero: uno sì, ma tutt’e due nel giro di così poco tempo no! Perché? Un trauma pazzesco”.

Ma è in queste condizioni che il Torre dimostra che le sue fondamenta sono non d’argilla ma di cemento armato: “Ed è allora – racconta con la voce strozzata dalla commozione – che mi vengono in mente le parole di mio padre, col quale avevo un rapporto molto particolare: poche ma incisive parole. La sera dopo la morte di mia madre uscimmo a cena in pizzeria e dopo aver sorseggiato una birra si alzò e mi abbracciò come forse non aveva mai fatto prima. E mi disse: <Sai Marco? Sei diventato un uomo, un vero Uomo; sei bravo e io sono fiero e orgoglioso di te!>. Ancora oggi mi sembra di sentirle quelle parole e sono la forza per andare avanti e per prepararmi verso nuove sfide”. Perché, la vita continua, anche senza di noi…

Ep. 3 - “I will survive!”. Quante volte il Torre se la sarà cantata con lo sguardo segnato dalle lacrime, mentre si guardava allo specchio e pensava a cosa quei sei mesi maledetti gli avevano portato via. Perché non avere più mamma e papà in un colpo è come perdere nel giro di pochi istanti il navigatore, la luce del faro e soprattutto quella guida che ti dice come e dove andare. Ma poi ci pensi e capisci che la guida c’è. È che ora è silenziosa e si nasconde dentro alla tua anima.

Dopo un periodo così brutto, approfittando del fatto che potevo permettermelo, ho deciso di prendermi una pausa. Un periodo sabbatico dal mondo del lavoro per resettare le idee, capire i progetti e partire con nuova determinazione verso i programmi futuri – racconta Marco – Ed è in questi mesi che mi sono concentrato su tre aggettivi per farne le mie qualità: ambizioso, determinato e diretto. Mi sono detto da subito che volevo essere ancor di più una persona che lasciasse il segno nel mondo del lavoro come nei rapporti e relazioni sociali, auspicando che questi due aspetti si possano intrecciare nel miglior modo possibile. Sono sì ambizioso, non lo nego, anche perché credo sia un aspetto che fa da benzina per la strada che ho intenzione di percorrere. Ma per farlo c’è bisogno di tanta determinazione, perché la vita me l’ha insegnato che nulla è facile e soprattutto nulla è scontato e tutto può cambiare da un momento all’altro. Bene, questo – e l’ho capito soprattutto in quei mesi di ‘sosta ai box’ – mi ha reso un uomo con più elasticità mentale, che si adatta e prova a portare a casa il massimo risultato possibile”.

Le scarpe consumate e i chilometri fatti nel lavoro di ‘commerciale’ ti sono dunque serviti? “Tantissimo! Direi che sono stati fondamentali. Oggi sono un ‘resiliente’, termine forse un po’ abusato oggigiorno, ma che interpreto come una ragione di vita: non fare tanto caso a quel che ti capita, piuttosto pensa a come puoi o devi reagire”.

Come mai dici di essere diretto? Non fa a pugni col fatto di essere adattabile? “Mah, i ganci al cielo bisogna darli almeno quanto li ricevi. La vita ti dà ma ti toglie anche molto, l’importante è non farsi trovare impreparati, difendersi per contrattaccare. Ho capito l’importanza di trovarsi al posto giusto con la mentalità giusta. Ricordo ad esempio un contratto concluso a Torino per un’importante società, che mi è costata tanta fatica, ma che con costanza e caparbietà, in modo direi spasmodico, sono riuscito a concludere. E vedere il cliente soddisfatto della scelta che gli ho proposto è stato un vero successo”.

Da che sentimenti hai cercato di allontanarti? “Dall’invidia. Non amo la negatività, sono una persona positiva e come tale voglio rimanerla nonostante tutto e tutti… So anche che adoro andare controcorrente: sono come un salmone che ama sfidare le onde del fiume. Per questo mi trovo molto a mio agio quando ho a che fare con aziende che aprono ‘il loro cuore’ e si affidano a me, chiedono il mio supporto, i servizi e le consulenze. Sanno che posso dare la risposta giusta e ‘sul campo’ alla fine mi dicono un <Grazie!> che vale più di mille parole”.

Possiamo dire che ti sei ‘creato’ uno scanner capace di capire quel che il cliente vuole? “Assolutamente sì e devo dire che questo ‘dono’ l’ho affinato soprattutto negli anni in cui ho lavorato come operatore turistico: è stato allora in base alla clientela, al gruppo, alle persone che avevo di fronte, che ho capito come dovevo comportarmi e cosa proporre per fare del loro soggiorno, il miglior soggiorno possibile”.

Quindi dopo il periodo di Parma, pausa. “Sì, ho ripreso le redini della mia vita in modo deciso. La stagione 2019/20 è quella della mia rinascita – le note di ‘I will survive’ suonano a tutto volute – e dove ho trovato le due A che aiutano un uomo a diventare un Uomo: Amicizia e Amore. Ritrovo dopo tanto tempo un mio amico che si occupa di gestione finanziaria e che non vedevo da tantissimo tempo. Cominciamo a frequentarci anche perché pure lui viene da un periodo non molto bello: si è appena lasciato dalla compagna. Assieme giocavamo a calcio in una squadra del Biellese. Ha visto le mie foto sui ‘social’, ci siamo visti dopo anni ma è come se ci fossimo lasciati la sera prima e siamo diventati inseparabili. Bene, ora è tornato con la sua ‘lei’, è felice e io sono molto felice per lui ed è a tutti gli effetti il mio miglior Amico e la cosa è reciproca”.

E poi l’Amore… “Sì, l’Amore, quello che credo sia la donna giusta per me. Venivo da una storia di quattro anni, con molti alti e bassi, di momenti belli e anche burrascosi con una persona che comunque era e rimane importante per me, perché so di avere un filo diretto con lei. Ma da qualche mese in modo assurdo e incredibile ho conosciuto dapprima sui ‘social’ e poi ‘dal vivo’ una ragazza straordinaria. Lei è ligure e ci siamo dati appuntamenti dalle sue parti, dove ho fatto in modo di essere di passaggio prima di raggiungere Montecarlo per qualche giorno di vacanza. Il giorno del primo incontro è stato bellissimo: lei, la sua bellezza, i posti belli e molto ricercati della sua Liguria. Capisco che è speciale, rimango folgorato, ho i brividi e ricordo di quando in un locale lei si è assentata per andare in bagno e io che mi ripetevo da solo <Dai Torre, ripigliati! Cerca di essere te stesso, non fare la figura del pesce lesso>. Insomma una scena da film” e ride di gusto.

In cosa credi di aver fatto colpo? “Nella consapevolezza di non consumare la cera di una candela in una sera sola, sapevo che con lei ci sarebbero state, due, tre… infinite occasioni. E la cosa so, l’ho sentito, che le ha fatto molto piacere. Alla fine è venuta a Monaco con me e ora sono una persona felice e lei, credo, lo è con me… Lei ritorna un paio di giorni prima per la sua Liguria su un treno e io – anche questo come nei film – alla stazione per salutarla e darle l’arrivederci. Risalgo sulla Maserati e parto per Tolone. Tutto molto bello!” e altra risata.

E ora? “Ora sono qui, pronto, serio, sicuro e determinato. Con un bagaglio di esperienze e ambizioni che non ci stanno in una valigia, pronto per un viaggio lungo senza soste”.

Con la radio accesa che intona le note di Gloria Gaynor: I will survive.

Buon viaggio e buona vita Torre. Te lo meriti…

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Gianmaria Balboni