Share |

Le osservazioni di Legambiente sulla questione trivellazioni a Carpignano Sesia

Carpignano Sesia - Riceviamo e riportiamo le osservazioni di Legambiente al progetto "in fase di V.I.A denominato Pozzo esplorativo "Carpignano Sesia 1 dir" nell'ambito del permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi denominato "Carisio" presentato da Eni S.p.A. Legambiente Onlus, in merito alla documentazione presentata dalla società Eni Spa relativamente alla realizzazione di un pozzo esplorativo denominato “Carpignano Sesia 1 dir” nell’ambito del permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi denominato “Carisio”, presenta le seguenti osservazioni contrarie al progetto. PREMESSA - La configurazione territoriale della zona oggetto di richiesta di perforazione è sempre stata legata alle produzione agro-alimentare di qualità. Numerose sono le piccole e medie attività, spesso a conduzione familiare, che esportano a livello nazionale, ma non solo, prodotti tipici come vini, salumi, formaggi, riso, miele. A queste produzioni di eccellenza si aggiunge, visto l’ambiente rimasto relativamente incontaminato e riconosciuto come di elevato pregio naturalistico, la vocazione turistica del territorio, che porta ulteriore ricchezza e visibilità al tessuto sociale del territorio. Queste caratteristiche mal si sposano con l’idea di sviluppo proposto dal progetto in esame, al di là delle singole osservazioni che verranno esaminate puntualmente e di seguito esposte. Le attività petrolifere non sono il futuro di quest’area, non rappresentano lo sbocco occupazionale della popolazione - come dimostrano le numerose attività di comitati e liberi cittadini che da anni si oppongono con fermezza alle attività di estrazione - e non porteranno quei benefici economici (né a breve, né a medio né a lungo termine) sia a scala nazionale che a livello locale. Lo dimostrano anche le attività portate avanti dalle amministrazioni interessate, comprese quelle del comune e della provincia di Novara, che hanno manifestato la loro contrarietà al progetto chiedendo anche alla Regione Piemonte di intervenire in merito. Sulla base di queste considerazioni e sull’analisi dei documenti specifici forniti dal proponente si espongono le seguenti OSSERVAZIONI: il documento di sintesi non tecnica fornito dal proponente, dal paragrafo 5.4 in poi (pag. 61), riportata la valutazione degli impatti che le attività di perforazione avrà sulle componenti ambientali. Per quanto concerne gli impatti in atmosfera, per la fase delle attività minerarie (pg 61) viene indicato che per i 298 giorni previsti, a cui vanno aggiunti i 55 giorni per la chiusura mineraria del pozzo, l’impianto lavorerà h24. La stima dell’impatto sull’atmosfera viene stimato come basso. L’analisi sulla direzione dei venti che lo stesso studio riporta, mostra come i venti di maggior forza provengano prevalentemente da NNW e NNE; vista l’ubicazione dell’impianto rispetto al centro cittadino, ovvero a nord est di quest’ultimo, se ne deduce che nel corso dell’anno di attività di perforazione previsto, il centro abitato - che si trova potenzialmente sottovento rispetto all’impianto e ad una distanza di soli 1600 metri dal pozzo - potrebbe subire un peggioramento in termini di qualità dell’aria a causa delle attività in corso. Essendo il Piemonte in generale, e anche la zona del comune di Carpignano, soggetta a problematiche inerenti l’inquinamento atmosferico (si veda la “zona di Piano della provincia di Novara”), bisognerebbe approfondire meglio la questione attraverso indagini e monitoraggi diretti e non solo modellazioni teoriche, come invece è stato fatto. In considerazione anche della simultanea azione della sonda perforatrice, dei gruppi elettrogeni per le attività notturne e degli altri mezzi necessari allo svolgimento delle attività, oltre alle emissioni in atmosfera c’è da considerare anche l’impatto acustico nei confronti del centro abitato. Non essendoci barriere naturali che limitino il rumore dei mezzi operanti ma anzi, essendo lo spazio tra il pozzo e il centro città attraversato già dall’autostrada, l’analisi degli effetti di inquinamento acustico (ma vale la stessa considerazione per quello atmosferico), dovrebbe tener conto della somma degli effetti delle due attività. In aggiunta a quanto detto fino ad ora, un altro aspetto non trattato con cura dal proponente è quello relativo agli impatti sulla fauna, in particolar modo dell’avifauna. Nel testo del documento (pg 45) viene riportato che “tra le numerose specie potenzialmente presenti diverse sono quelle considerate importanti dal punto di vista conservazionistico, in particolare quelle potenzialmente presenti nell’area di studio potrebbero essere: Falco pecchiaiolo, Succiacapre, Martin pescatore, Averla piccola, Ortolano, Pavoncella, Succiacapre, Picchio verde, Codirosso comune, Averla capirossa, Fanello, Strillozzo, Gheppio, Tortora selvatica, Civetta, Martin pescatore, Upupa, Torcicollo, Allodola, Rondine, Balestruccio, Pigliamosche, Cincia bigia, Storno, Passera europea, Passera mattugia”. Le frasi “potenzialmente presenti”, “potrebbero essere”, associate alle parole diverse specie “considerate importanti” mostrano una lacuna dello studio che necessita anch’essa di ulteriori approfondimenti, proprio in virtù delle problematiche di inquinamento acustico e atmosferico emerse precedentemente. Impatto sugli ambienti idrici: nel documento non tecnico viene descritto come trascurabile l’impatto delle attività minerarie rispetto all’ambiente idrico. Questa conclusione non sembra realistica anche in considerazione delle caratteristiche della zona oggetto della perforazione che si evincono nello stesso studio; infatti più volte viene ripetuto che “l’Area Pozzo prescelta, ricade in un territorio considerato “Area di ricarica delle falde utilizzate per il consumo umano” e dista circa 2,2 km da una “Zona di riserva caratterizzata dalla presenza di risorse idriche sotterranee non ancora destinate al consumo umano ma potenzialmente destinabili a tale uso”; non solo, ma la “falda freatica in corrispondenza dell’Area Pozzo si attesta sui 4-5 m dal p.c. La profondità limite delle acque utilizzabili che risulta essere di poco superiore ai 300 m”. Considerando invece la composizione dei terreni della zona pianeggiante in questione, sempre dal documento non tecnico emerge che “I sedimenti si presentano in genere sciolti o poco cementati, grossolani per la presenza di ghiaie e sabbie in matrice limoso-sabbiosa, la parte sommitale è occupata da livelli di paleosuoli argillosi ai quali, talvolta, sono associati coltri di origine eolica (loess)”. Queste caratteristiche peculiari non possono essere liquidate dal proponente con la frase “anche se verranno attraversate delle falde acquifere, gli accorgimenti adottati renderanno poco probabile un possibile impatto”. Infatti le modalità di esecuzione della perforazione non possono garantire quanto affermato dal proponente. Nel documento di sintesi non tecnica a pag. 25 viene riportato “Tale tecnica prevede l’utilizzo di un fluido circolante all’interno delle aste cave le cui principali funzioni sono la rimozione del materiale da fondo foro, il raffreddamento e la lubrificazione dello scalpello”. Ed ancora “Attraverso le aste, inoltre, verrà fatto circolare nel pozzo il fluido di perforazione, che ha la funzione sia di portare in superficie il materiale scavato (in forma di detriti) consentendo il controllo geologico dell’avanzamento, sia di contrastare, con la sua pressione, l’ingresso in pozzo dei fluidi delle formazioni rocciose attraversate”. Quindi l’interazione tra i fluidi a base acquosa (come vengono definiti nel testo) e l’acqua di falda è molto probabile in fase di avanzamento della perforazione, vista soprattutto la natura permeabile dei terreni attraversati. Per quando riguarda i fluidi a base acquosa utilizzati, di cui si varierà la composizione in funzione delle litologie attraversate, non viene mai citato nel testo la composizione della miscela: normalmente nelle perforazioni vengono utilizzati prodotti polimerici, o miscele bentonitiche, che servono per ottenere un fluido a densità variabile che aiuti i sedimi perforati a tornare in superficie per mantenere pulito il foro. Gli stessi prodotti vengono utilizzati per l’avanzamento dei rivestimenti fino a fondo foro. Sarebbero da approfondire e valutare gli effetti che questi prodotti potrebbero avere sulle acque di falda con cui inevitabilmente entreranno in contatto. Anche se il proponente parla di recupero dell’acqua e dei fluidi immessi - “Si sottolinea che il circuito dei fluidi è un sistema chiuso che non comporta pertanto alcuna perdita e permette di riutilizzare il fluido finché non perde le proprie capacità” – in realtà il sistema di perforazione non è “chiuso” come viene detto. Nelle varie fasi di avanzamento della perforazione, gli scalpelli e la parte terminale della batteria di aste utilizzate entrerà a contatto con il terreno e con la falda presente. A tutte queste precisazioni si aggiunge che all’art.24 delle Norme del Piano di tutela delle acque della Regione Piemonte, al comma 2 punto b c’è scritto: “Sono considerate zone di protezione: le aree di ricarica degli acquiferi utilizzati per il consumo umano”. In virtù di questo articolo, si ritiene che le attività di perforazione di pozzi profondi con finalità estrattive sia incompatibile in tali aree. Per quanto riguarda alcuni aspetti inerenti il Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico del bacino del Po (P.A.I.) della Regione Piemonte, lo studio dichiara che “’l’Area Pozzo e la maggior parte dell’Area di Studio si trovano in un’area esterna alle fasce fluviali, libera da dissesti e non a rischio esondazione”. Poche righe sotto invece per l’area Pozzo (la più sensibile da un punto di vista del rischio) viene riportato che “ricade in una zona di territorio classificata a rischio idraulico e idrogeologico di valore elevato (classe di rischio R3)”. Vista la contraddizione del testo e vista l’importanza che assumerebbe l’eventuale presenza del pozzo in area ad elevato rischio idrogeologico, si richiede un ulteriore approfondimento del proponente in merito alla problematica. Infine un ultimo passaggio sull’opzione zero, definita dal proponente come “la non realizzazione delle opere”. Nel documento si evidenzia come “la non realizzazione delle opere, comporterebbe la rinuncia alla crescita, economicamente ed ambientalmente sostenibile, del tessuto territoriale locale e nazionale e a una prospettiva di lungo termine di mantenimento dei livelli occupazionali”. Più in generale il documento fa riferimento alla necessità della realizzazione delle opere anche perché “permetterebbe di incrementare consistentemente l’ingresso da royalties, con benefici principalmente agli enti locali, sia per la Regione Piemonte che per il Comune di Carpignano Sesia”. Visto l’impegno del proponente ad andare oltre ai temi legati alla specifica perforazione, ipotizzando gli scenari economici e sociali del territorio in caso di esito positivo del giacimento, si reputa necessario anche da parte della nostra associazione fare un brevissimo accenno a quelle che potrebbero essere gli sviluppi dell’area se il progetto in questione desse esito favorevole per delle future attività estrattive. Alla luce dell’esperienza maturata negli anni sui reali benefici economici provenienti dal settore petrolifero, dai livelli occupazionali reali inerenti tali attività e dalla vocazione del tessuto territoriale, si osserva che: la vocazione del territorio nella zona in esame è vistosamente più legata alla produzione agro-alimetare di qualità come descritto in premessa; i presunti benefici economici, energetici (in bolletta) ed occupazionali dei territori coinvolti non sono così chiari come lo studio vuol far credere. Infatti dalla storia di altri territori italiani che hanno visto svilupparsi sul proprio territorio attività petrolifere estrattive si ricavano numeri ben poco incoraggianti: il personale necessario alle lavorazioni è nettamente inferiore alle 600 unità previste dal progetto (e dal suo possibile sviluppo), spesso richiede un profilo altamente qualificato e quindi non facilmente reperibile nello specifico sul territorio coinvolto; i danni ambientali e l’impatto sulla salute delle persone esposte alle attività di estrazione, oramai conosciute ed accertate nei luoghi dove queste sono state già avviate da tempo, dovrebbero servire per valutare attentamente questo tipo di sviluppo in aree simili. CONCLUSIONI - Considerate le argomentazioni fin qui esposte legate alla reale vocazione del territorio di Carpignano Sesia e dei territori limitrofi, considerate la sensibilità della zona previste per la perforazione da un punto di vista idrogeologico, considerate le lacune dello studio fornito dal proponente in merito agli aspetti legati al rischio idrogeologico, agli impatti cumulativi (delle attività di perforazione ed eventualmente di futura estrazione con l’autostrada prossima al pozzo) sia in termini di inquinamento atmosferico che acustico, alla presenza di specie avifaunistiche nell’area di interesse si richiede l’archiviazione del progetto attuale e delle sue possibili attività future".

Tale documentazione è a cura dell’Ufficio Scientifico Legambiente Nazionale Onlus, Legambiente Piemonte e del Circolo Legambiente Novara. Contatti: Andrea Minutolo, Giorgio Zampetti scientifico@legambiente.itlegambiente@pec.legambiente.it – Telefono: 06/86268411- 401.