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IN MEMORIA DI GIOVANNI NINI

NOVARESE CADUTO PER L’ITALIA A TRIESTE CENTO ANNI FA

Novara - Associazione Memento e il Comitato Pro Centenario  hanno ricordato a Premosello (Verbania) la figura del diciassettenne Giovanni Nini, assassinato da terroristi slavi a Trieste il 13 luglio 1920 durante il comizio dei Fasci di Combattimento convocato da Francesco Giunta in seguito all’eccidio di Spalato dell’11 luglio, nel quale vennero uccisi il comandante Tommaso Gulli e il motorista Aldo Rossi. E’ stato possibile grazie al nipote dell’eroe, l’omonimo Giovanni Nini, ottenere preziosa documentazione sulla figura di Nini, ed effettuare un omaggio floreale presso la targa commemorativa presente nella cappella di famiglia all’interno del cimitero comunale.

Figlio di Giuseppe Nini, ex emigrato negli USA, nazionalista e tra i primi aderenti al Fascio di Combattimento di Premosello, il diciassettenne Giovanni Nini dopo avere frequentato con ottimo profitto l’Istituto Salesiano di Novara intraprese la professione di cuoco, prima in Liguria e poi a Trieste. Proprio a Trieste il 13 luglio 1920 troverà la tragica morte a causa di un accoltellamento, mentre presenziava ad un’adunata del Fascio triestino: è in questo contesto che s’inserisce il famoso incendio dell’Hotel Balkan (allora sede delle associazioni panslave nel capoluogo friulano). Fu lì sepolto perché secondo il padre Giuseppe “il cielo di Trieste è uguale a quello di Premosello”; ai funerali, ai quali non poté assistere il fratello in quanto ancora impegnato come soldato in Albania, parteciparono tremila persone con delegazioni di tutti i partiti, compresi i socialisti (così i giornali locali di allora e un telegramma a Giovanni Giolitti).

Una pubblicazione agiografica della federazione novarese del Partito Nazionale Fascista degli anni trenta così ricordava la vicenda: “Il 13-7-1920 in seguito ai fatti di Spalato, il Fascio Triestino di Combattimento invitava a comizio la cittadinanza per protestare contro le violenze jugoslave. Mentre l’on. Giunta parlava all’immensa folla che attenta ascoltava la narrazione degli avvenimenti, il cameriere Nini Giovanni, conosciuto nella città per i suoi nobili e alti sentimenti di italiano, veniva aggredito da alcuni individui e colpito alle spalle da tre pugnalate, in seguito alle quali poco dopo moriva. La notizia fu conosciuta immediatamente e comunicata dall’on. Giunta alla folla, la quale già eccitata per i fatti di Spalato diventò esasperata. Si formò un imponente e tumultuoso corteo per la vie di Trieste. Giunto il corteo all’Hotel Blaklan fu accolto da colpi di rivoltella e da bombe a mano che partivano delle finestre e dal tetto di detto Hotel. I feriti furono parecchi: i più ardenti fra i dimostranti, giunti presso le saracinesche dell’albergo, dopo non lievi sforzi riuscivano ad abbatterle, ed entrati nei locali, appiccarono fuoco al mobilio. In breve tempo tutti i locali ardevano: chiamati i pompieri, questi non poterono che limitarsi a circoscrivere l’incendio. L’interno dell’albergo non era che un immenso rogo. Vennero in seguito devastati la sede della delegazione jugoslava, i locali del Banco Adriatico e della Cassa di Risparmio Croata, e diversi appartamenti di elementi croati. Il giorno 16 ebbero luogo i funerali del Nini, funerali imponenti a spese della Federazione dei lavoratori della mensa con somme raccolte fra il personale degli esercizi pubblici. Assisteva al funerale anche il padre della vittima” (cfr. Partito Nazionale Fascista – Federazione dei Fasci di Combattimento Novara, Biografie di Caduti per la Rivoluzione, Stabilimento Tipografico Cattaneo, 1936 – XIV).

Nel 1939 l’Amministrazione comunale di Premosello autorizzò l’affissione di una lapide commemorativa del Martire Fascista sotto i porticati delle scuole cittadine recante la scritta “Quando una fede è stata ed è consacrata dal sangue vermiglio degli adolescenti non può fallire non può morire e non morrà. Mussolini”; lapide che fu rimossa dai partigiani a guerra terminata e riconsegnata ai familiari che la conservano tutt’oggi in struttura privata.

Negli anni ‘80 il nipote fece richiesta all’Amministrazione comunale democristiana di inserire il nome dello zio nel monumento ai Caduti. Nella domanda si spiegava che “Il 4 novembre 1918 infatti segna la fine della prima guerra mondiale con l’Impero Austro-Ungarico; ma perdurò cruenta la guerriglia italo-slava fra il Regno d’Italia e il Regno di Serbia, Croazia e Slovenia. La manifestazione del 13 luglio 1920 in Trieste non è dunque un fatto politico avulso dal conflitto bellico, bensì ha un effettivo legame storico e temporale con la guerra”. La preghiera fu accolta con il consenso degli allora rappresentanti delle associazioni partigiane (Donelli Dante e Piolini Bruno, ex combattenti) e il nome di Giovanni Nini è inserito nel monumento ai Caduti nel settore dedicato alla Grande Guerra. Un clima di pacificazione di uomini che, testimoni diretti delle pagine tragiche del secolo scorso (il nipote si trovava a Premosello nell’agosto del 1944 durante la rappresaglia tedesca e svolse il servizio militare come Alpino in Alto Adige durante gli anni delle bombe) ben sapevano come la negazione del ricordo non avrebbe potuto che riportare all’odio e allo scontro nelle future generazioni.

“Proditoriamente colpito da ferro slavo in Trieste il 13 luglio 1920 emetteva l’anima sua bella al cielo nel bacio del signore”: questa è la scritta che campeggia sulla lapide commemorativa nel cimitero del suo paese natale.

“Ucciso perché Italiano” venne scritto allora dal parroco sui registri parrocchiali: è proprio per questo che la Repubblica Italiana avrebbe dovuto, a cent’anni dalla morte, ricordare anche il sacrificio di Giovanni Nini.