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Lettera del vescovo alla comunità di Carciano

Il Vescovo Franco Giulio Brambilla

Carciano di Stresa - Pubblichiamo il testo della lettera aperta scritta dal vescovo di Novara, mons. Franco Giulio Brambilla, alla comunità di Carciano di Stresa, dopo i noti fatti di cronaca, che hanno riguardato il loro parroco, don Stefano, a Milano. "Carissimi, la tristissima vicenda di questi giorni della custodia cautelare di don Stefano Maria Cavalletti per “detenzione e cessione di sostanza stupefacente” ci ha lasciati tutti sgomenti e con il cuore colmo di amarezza. Ho molto pregato e riflettuto prima di parlare, perché il nostro primo sforzo deve essere quello di invocare la misericordia di Dio e di comprendere la gravità di quanto accaduto. Dobbiamo domandarci se siamo stati sufficientemente vigilanti, vicini a don Stefano, capaci di leggere i suoi messaggi e le sue sofferenze. Dopo averlo visto a Stresa il 15 giugno, l’ho incontrato personalmente meno di un mese fa, tre volte l’aveva incontrato anche il Vicario Generale, che è stato a Carciano per le Cresime e ha pranzato con lui e la mamma. Sono stati colloqui dove gli abbiamo proposto anche un cambiamento di ministero per incoraggiarlo a ritrovare fiducia in sé, ma ha preferito attendere che si risolvesse la vicenda del procedimento giudiziario di due anni fa. Di fronte a questi eventi restiamo come storditi e non riusciamo a trovare una ragione. Questo non riguarda solo le vostre parrocchie, dove don Stefano era parroco, ma anche la no-stra Chiesa e tutti i sacerdoti che si prodigano con grande dedizione nelle altre comunità della Diocesi e che vedono ferita la loro identità e la loro carità pastorale. Chiedo perdono a tutta la comunità, soprattutto ai piccoli, per il turbamento e le ferite profonde che questa storia ha aperto in voi e in noi. In questi momenti molti si affannano a dare spiegazioni, ma dobbiamo confrontarci con il mistero del male che si annida nel cuore delle realtà più care e più sante, come l’amore familiare e il servizio a una comunità cristiana. Gli eventi drammatici di questi ultimi anni e mesi ce ne parlano nelle tragedie familiari e nelle solitudini e abbandoni che sono moltiplicati e ingigantiti dai mezzi di comunicazione, creando in noi ansia, insicurezza e sfiducia. L’amore e il servizio (di un papà e di una mam-ma, di un insegnante, di un sacerdote, di un educatore) sono realtà delicate e fragili. L’amore e la carità più grandi si possono stravolgere nel loro contrario se non sono curati, purificati, vigilati, sostenuti dalla vicinanza di tutti noi. La nostra società individualistica rende ancora più sole le persone che talvolta purtroppo cercano scorciatoie illusorie per dare sollievo al loro isolamento. Oggi sono qui con voi per ricordare che dobbiamo sempre convertirci, chiedere perdono, sostenere le persone deboli e fragili, domandarci se abbiamo fatto abbastanza, se ci siamo interessati e se siamo stati loro vicini. Soprattutto dobbiamo creare e sostenere legami buoni, prenderci cura dell’altro, far crescere in noi e intorno a noi un clima di fattiva attenzione e collaborazione, perché ciascuno si senta accolto, rispettato, amato. Come ci dice il Vangelo di questa domenica il campo del mondo è un miscuglio ine-stricabile di seme buono e zizzania: noi vorremmo strappare subito le erbacce per mettere in salvo il raccolto buono. Talvolta è difficile separare il seme buono dalla zizzania che lo soffoca, bisogna agire con delicatezza e sapienza per non danneggiare anche la pianta buona, anche se talvolta di fronte al male invadente è necessario asportare la parte malata. Gesù, infatti, ci dice che ogni persona è più grande anche dei suoi gesti più gravi e per questo invita a una conversione continua e radicale. Mi sono già attivato con i miei collaboratori per trovare un luogo protetto perché don Stefano possa curare le sue ferite, ricostruire la sua umanità, dopo che sarà chiarita la sua posizione con la giustizia. La regola sapiente della Chiesa prevede che in questo tempo la guida della comunità sia affidata a un altro sacerdote in attesa del giudizio penale e poi di un percorso di ricupero umano e spirituale. Sono riconoscente a don Roberto Salsa, Vicario episcopale del Verbano, che si rende disponibile in questa fase per essere la guida delle vostre comunità. Per don Stefano sarà necessario un lungo cammino di ripresa per una vita umana armonica e in pace con se stessa. Noi staremo vicini a Lui con la preghiera che si deve a una persona da cui molti riconoscono di aver ricevuto del bene. Con affetto accompagniamo anche il dolore della sua mamma. Infine, dovremo interrogarci e camminare tutti insieme, perché non si ripetano più situazioni tanto gravi. Per tutto questo prego intensamente con voi e con tutti i sacerdoti e le comunità della nostra diocesi. Vi abbraccio nel Dio di ogni misericordia".