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Il viaggio nella Bosnia alluvionata di Sergio Vercelli

Borgomanero - Il borgomanerese Sergio Vercelli, presidente di “Compagni di volo” onlus e referente interprovinciale dell'associazione “Il giardino delle rose blu”, è appena tornato dalla Bosnia. Questa nazione, alla pari della Serbia e della Croazia, a metà maggio è stata devastata da un'alluvione. Vercelli, che era accompagnato da sua moglie Elisabetta Sella e da alcuni loro amici di Biella, Massimo Ramella e Dante Andreasi, racconta: “Appena varcato il confine di Slavonski Brod, abbiamo trovato i segni di una catastrofe immensa, persino difficile da immaginare se non la si vede direttamente. Sembrava una zona bombardata o colpita da un terremoto. Basti pensare agli squarci enormi nelle montagne causati dalle frane che hanno anche travolto molte abitazioni. Eppure i mass media ne hanno parlato pochissimo”. Già scendendo verso Sarajevo il fiume Bosna ha eroso lunghissimi tratti di strada. Intere cittadine sono finite sott'acqua. E una grande quantità di vari materiali conservati nei negozi e nelle fabbriche è diventato inservibile: per non parlare di mobili, vestiti, divani e cucine. E sulla via per Doboj e Maglaj ecco roghi di rifiuti, e terreni agricoli ancora inondati con la conseguenza che i raccolti sono andati persi. Migliaia le aziende distrutte, 90mila gli ettari alluvionati e centinaia di migliaia gli animali degli allevamenti affogati. “E' c'è anche il rischio - aggiunge - che i campi siano stati inquinati da carcasse di animali, oli e carburante. Un altro grave problema è rappresentato dal fatto che la corrente ha rimosso la segnaletica di numerosi campi minati. Il rischio è che il fiume abbia trasportato gli ordigni in altre zone. Ma la gente del luogo, pur avendo a disposizione pochi mezzi meccanici quali ruspe e camion, s'è da subito attivata per rimettere a posto le cose. Ma sicuramente serviranno prodotti speciali per riassorbire l'umidità e risanare i muri dalle muffe e dalle scrostature in modo da rendere nuovamente agibili le case. Servono aiuti mirati: probabilmente, la priorità dovrà essere data a elettrodomestici, detergenti, disinfettanti, pannolini e cibo per il bestiame sopravvissuto, ma aspettiamo che la Caritas di Sarajevo ci indichi con precisione le necessità”.

S'è assistito, in queste settimane, a una vera corsa di solidarietà tra donazioni e persone che si sono rese disponibili per dare assistenza nei centri di accoglienza temporanea e per spalare il fango. “Tutto questo - sottolinea - ha superato le tradizionali linee di divisione etnica: sono stati aiutati tutti coloro che ne avevano bisogno, indipendentemente dalla propria identità. Noi abbiamo portato i contributi economici offerti, grazie al passa parola, da tante persone, e li abbiamo consegnati all'associazione “Un aiuto svizzero per la Bosnia”, un progetto di cui è referente Jennifer Stone, alla Caritas e ai francescani di Visoko. Ma naturalmente la raccolta di fondi continua. A tal proposito, martedì 8 luglio i “Pellegrini per la solidarietà e per la pace” di Omegna organizzeranno una cena a Ramate di Casale Corte Cerro”.

Non è mancato un incontro con il coordinatore storico di Inter Campus Bosnia Predrag Pasic, già capitano della nazionale jugoslava negli anni Ottanta, che a partire dal 1992 ha creato delle scuole di calcio oggi frequentate da circa 15mila bambini “che non guardano - a parlare è sempre Vercelli - alle diversità etniche e che sono spinti solamente dalla passione per lo sport. Predrag ci ha raccontato di come, qualche anno fa, era impossibile pensare a musulmani e croato-cattolici che giocano insieme e che s'invitano a vicenda alle feste di compleanno. Adesso succede. Sono importanti segni di convivenza, che lasciano qualche speranza per il futuro della Bosnia”. A Trieste, invece, ecco l'incontro con Gianni Scarpa della fondazione Luchetta-Ota-D’Angelo-Hrovatin, una onlus che ha la finalità di supportare famiglie d'altri paesi che, oltre ad aver vissuto il dramma della guerra, hanno figli affetti da forme tumorali. Durante il viaggio, infine, sono state visitate la foiba di Basovizza (“il simbolo - dice ancora Vercelli - di tutte le atrocità commesse sul finire della seconda guerra mondiale e negli anni successivi dalle milizie e dai fiancheggiatori del regime comunista jugoslavo”); a Srebrenica, luogo simbolo della guerra in Bosnia (lì, nel luglio 1995, vennero trucidate 8372 persone); alla piazza del mercato di Markale, nel centro storico di Sarajevo, dove il 5 febbraio 1994 un proiettile di mortaio sparato dall'artiglieria serba uccise 68 tra uomini e donne e ne ferì oltre 140; e al tunnel scavato vicino alla pista dell'aeroporto di Sarajevo.