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Presentate quasi 6.000 firme in Regione contro i pozzi petroliferi a Carpignano

Dora Gribaldo, Sara Baccalaro e Marcello Marafante consegnano le 5.800 firme al governatore Cota

Carpignano Sesia - Giovedì 11 ottobre intorno alle 15 Dora Gribaldo, Sara Baccalaro e Marcello Marafante (nella foto) hanno consegnato a Torino in piazza Castello 165, presso la segreteria del presidente della Regione all'Ufficio Protocollo 5.858 firme raccolte dal Comitato Dnt (difesa del nostro territorio) negli ultimi tre mesi, in numerosi luoghi delle provincie di Novara, Vercelli, Biella e del Verano Cusio Ossola.  "Le firme - spiegano i promotori della raccolta di firme - esprimono anche in termini quantitativi, la ferma volontà "del popolo" di opporsi in tutte le sedi alla ricerca e allo sfruttamento di idrocarburi nell'area di Carpignano Sesia e nei territori circostanti".

Questo il testo della lettera invitata Marcello Marafante, del Comitato Dnt, al presidente Cota: "Egregio presidente, con riferimento alle iniziative intraprese dal nostro comitato per contrastare il progetto per la realizzazione di un pozzo esplorativo da parte di Eni nel territorio del Comune di Carpignano Sesia, siamo lieti di consegnarLe, unitamente alla presente, cinquemilaottocentocinquantotto firme raccolte nel corso degli ultimi tre mesi in numerosi luoghi delle province di Novara, Vercelli, Biella e Verbano Cusio Ossola. I firmatari hanno, con la loro adesione espresso, anche in termini quantitativi, una significativa e ferma volontà “del popolo” di opporsi in tutte le sedi alla ricerca e allo sfruttamento di idrocarburi nell’area di Carpignano Sesia e nei territorio circostanti. E’ doveroso ricordare che la raccolta, ha consentito anche lo svilupparsi di un ampio e approfondito dibattito grazie al quale un numero molto elevato di persone ha avuto modo di conoscere meglio le problematiche del territorio in cui abita e vive, talvolta, da generazioni. Le ragioni dell’opposizione all’iniziativa di Eni, come Le è ben noto, non hanno carattere particolaristico e di pura contrapposizione, ma si fondano su motivazioni precise e conseguenti a serie preoccupazioni per il futuro della nostra zona e dell’intera area regionale: infatti, non solo il territorio interessato all’insediamento dei pozzi di ricerca è classificato come area di ricarica delle falde utilizzate per il consumo umano a cui attingono gli acquedotti della città di Novara e di numerosi centri abitati, ma l’area accoglie anche una delle sei riserve strategiche di acqua di futuro utilizzo, unica presente nell’area del Piemonte nord-orientale. La zona prescelta per l’insediamento inoltre dista meno di 300 metri dall’abitato ed è posta in un’area a rischio di frequenti esondazioni da parte del fiume Sesia. L’estrazione del petrolio potrebbe provocare il cosiddetto fenomeno di subsidenza che nasce dalla conseguenza diretta dalla variazione di pressione cui è soggetto il fluido contenuto nei pori della roccia a seguito della sua estrazione su un territorio  già soggetto a rischio alluvionale. Non viene considerata l’estrema vicinanza della postazione al Castello-Ricetto medioevale (circa 650 mt) costruito nel XI-XIV secolo, (interamente vincolato con la ex Legge 1089/39 ora D.Lgs. 42/2004 e s.m.i.) con le sue mura e le sue case costruite con mattoni e con ciottoli di fiume disposti a spina di pesce. Gli edifici, privi di fondazione posano direttamente sul terreno della motta sulla quale si è sviluppato l’agglomerato antico. In una costruzione del Castello-ricetto, poco distante dalla porta di ingresso, si trova un imponente torchioin legno costruito nel 1575, il più antico in Piemonte, a lungo utilizzato per la spremitura delle uve, delle noci e del ravizzone. E’ presente inoltre l’edificio di “San Pietro nel Castello” costruito nei primi anni del secolo XI, vincolato a monumento nazionale, e considerato opera fondamentale del romanico italiano, universalmente riconosciuta. Si sottolinea l’estrema delicatezza dell’intero agglomerato storico, già ampiamente segnato da processi fessurativi generalizzati, causati da recenti fenomeni di abbassamento della falda acquifera: ci pare chiaro che le forti vibrazioni e la loro incognita propagazione potrebbero causare dei danni irreversibili a queste antiche e fragili costruzioni. A ciò si deve aggiungere come, nelle immediate vicinanze del pozzo esplorativo è presente la chiesa di S.Agata, anch'essa vincolata come bene monumentale (circa 400 metri). Durante tutto il periodo della ricerca (circa 430 giorni) gli abitanti dovrebbero sopportare una serie notevole di disagi quali forte inquinamento acustico (giorno e notte con soglie di rumore fino a 65 decibel), inquinamento atmosferico in seguito all’esalazione di gas nocivi derivanti dalla lavorazione e dalla circolazione ininterrotta di mezzi pesanti di servizio. Nel tempo si rischieranno inoltre gravissimi danni ambientali e la devastazione del territorio con il pericolo, oltre che dell’inquinamento della falda acquifera, dello sconvolgimento di un secolare equilibrio naturale con aspetti unici sul piano della flora e della fauna e, non ultima, la costante minaccia di dover fronteggiare incidenti non sempre facilmente controllabili (nel novarese è ancora assai vivo il ricordo dei gravi incidenti di Trecate). Enormi saranno i rischi per la salute. Proprio l’area di Trecate e degli abitati circostanti hanno visto nel corso dell’ultimo ventennio moltiplicarsi gravissime patologie. A questi danni si aggiungeranno, prevedibilmente, i riflessi sul tessuto economico: dallo smantellamento di una produzione agro-alimentare qualificatissima e destinata a svilupparsi (basata su un delicato equilibrio ambientale e caratterizzata da produzioni di eccellenza di vini, riso, miele, riconosciute anche a livello internazionale) alla svalutazione del valore degli immobili. Ci rendiamo conto dell’estrema drammaticità della situazione economica nazionale e mondiale, e di quanto sia necessario trovare energie in grado di produrre anche risultati immediati, ma, responsabilmente, non possiamo ricorrere a scelte avventate che potrebbero consegnare alle future generazioni, invece di condizioni di vita prospera e serena, un autentico incubo ambientale. Responsabilmente, quindi, non si può che non condividere l’intenzione politico economica generale di ridurre gli incentivi alla nascente industria delle energie rinnovabili, i cui effetti positivi sono più che promettenti e sicuramente molto più duraturi anche sul piano economico. Recenti studi hanno evidenziato come il progetto italiano di puntare sugli idrocarburi nazionali sia un pericoloso errore strategico, in quanto le risorse sono destinate a esaurirsi in un breve arco di tempo: il rapporto costi-benefici di questa strategia si rivelerà pertanto disastroso. E’ tempo di un radicale e responsabile mutamento di prospettive nel disegnare i futuri sviluppi delle condizioni di vita sul pianeta. Sempre più drammatiche esperienze ci ammoniscono sul fatto che le ferite inferte all’ambiente sono irreversibili o comunque destinate a permanere per un arco lunghissimo di tempo, sconvolgendo e compromettendo la stessa sopravvivenza sul territorio. Nel nostro caso vi è una certezza: del petrolio saremo sempre più costretti a farne a meno e dovremo trovare risorse energetiche per sostituirlo, con l’acqua non si potrà però procedere analogamente. Le grandi preoccupazioni espresse dalle numerose firme raccolte crediamo rappresentino un preciso invito a tutti i consiglieri e amministratori della Regione Piemonte a farle proprie all’interno di un progetto di vera tutela e salvaguardia del territorio, riaffermando il ruolo centrale delle amministrazioni territoriali in scelte politiche di grande respiro e lungimiranza".