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RIA COVID-19: anche una piccola realtà può fare una grande differenza

Borgomanero - Borgomanero è una piccola cittadina  tra due laghi suggestivi, il Maggiore e quello d’Orta, ai piedi del Mottarone e all’orizzonte i colori fiabeschi del Monte Rosa; è  un borgo con una buona qualità di vita e gli abitanti sono particolarmente affezionati al loro ospedale, l’Ospedale S.s. Trinità, che non ha le grandi dimensioni delle Molinette di Torino o del Maggiore di Novara o del Niguarda di Milano; ma in questa pandemia, un piccolo ospedale ha fatto e fa la differenza.

Per far fronte all’emergenza sanitaria dei mesi scorsi e quella dell’ultimo periodo, l’ASL NO ha attuato un piano di riorganizzazione delle Strutture del nosocomio borgomanerese, creando aree di diagnosi e cura a crescente intensità assistenziale e accogliere i pazienti sospetti o positivi COVID-19, distinguendo gli ambienti con caratteristiche organizzativo-strutturali adeguate e le competenze necessarie al trattamento di tali pazienti dalle altre strutture presenti in ospedale.

L’incremento maggiore è avvenuto nelle aree intensive e sub-intensive: in rianimazione si è passati dai 6 letti in ordinario a 25 nella prima ondata e addirittura a 28 nella seconda, con un aumento percentuale del 367%,, il maggiore di tutto il Piemonte. 

Anche la sub-intensiva gestita dagli internisti è passata dai 6 posti di questa primavera ai 35 di quest’autunno: in tutto l’Ospedale ha attivato 112 posti per pazienti COVID-19 su un totale di circa 200 posti letto di ricovero ordinario. 

Uno sforzo sostenuto da tutte le Strutture che si sono convertite per reggere l’onda d’urto, cercando di continuare a dare risposta anche alle altre patologie, seppure a risorse ridotte.

Nella rianimazione COVID-19, l’assistenza infermieristica è garantita da una unità ogni 2 pazienti mentre é presente un medico ogni 8 pazienti.

“Dal punto di vista medico gestire un malato COVID-19 è estremamente complesso, oltre all’applicazione di protocolli, vi è la continua attenzione a ricercare alterazioni a livello dei diversi distretti colpiti da questa patologia e correggere le complicanze. 

E’ un lavoro che richiede concentrazione e attenzione – afferma Davide Colombo, Direttore S.C. Anestesia e Rianimazione - di conseguenza anche la correzione e aggiustamento della terapia richiede molto più tempo rispetto a quello normalmente impiegato per un malato in terapia intensiva. 

Dal punto di vista infermieristico, l’enorme lavoro svolto dalla Coordinatrice Maria Iaci, ha permesso la gestione delle unità aggiuntive (spesso ovviamente prive di esperienza intensiva) attraverso un modello che prevedeva la presenza di un team leader esperto per ogni turno ed in ogni area di lavoro.

Il personale è stato sottoposto a un carico assistenziale aumentato, legato alle manovre da eseguire e a tutte le problematiche che questi pazienti hanno richiesto”.

In questa attività tutte le Strutture ospedaliere sono  state coinvolte: “La necessità di crescere così tanto è stata dettata dal numero di pazienti che si sono rivolti al nostro Pronto Soccorso; essere una zona turistica al confine tra laghi, montagne e grandi città ha giocato un ruolo in questa seconda ondata. 

Dietro ai numeri di Borgomanero ci sono uomini e donne, padri e madri che da medici, infermieri, operatori socio sanitari, tecnici, si sono rimboccati le maniche e sono stati pronti a sacrificarsi nuovamente: ci sono le paure del contagio, c'è il sentirsi inadeguati, c'è il cercare di fare del proprio meglio con il timore che non basti, c'è la sofferenza per chi non ce la fa, ci sono le ore, i giorni tolti alla famiglia.

Dietro ai numeri di Borgomanero c'è una Direzione che sta supportando i clinici, c'è una medicina trasformata in sub-intensiva, c'è un DEA (Pronto Soccorso) che ha accolto tutti questi pazienti, c'è una dialisi, una radiologia, fisiatri e fisioterapisti e un laboratorio che sostengono tutto questo carico, ci sono medici cardiologi, neurologi, nefrologi, ginecologi pediatri e chirurghi di ogni specialità che si sono messi a disposizione “per fare ciò che va fatto”. 

Ci sono chirurgie ridotte ai minimi termini che continuano a rispondere alle urgenze e ai tanti pazienti che necessitano interventi  salvavita.

Dietro a questi numeri ci sono farmacisti, servizi tecnici, amministrativi che permettono ai medici di lavorare al meglio, occupandosi di approvvigionamenti, dispositivi di protezione individuale, impianti e di tutto quanto necessario a questa macchina per funzionare.

Dietro a questi numeri ci sono le famiglie di pazienti in ansia, preoccupate, a volte arrabbiate,  altre riconoscenti e commosse, ci sono ore al telefono per cercare di incontrarsi e comprendersi.

Dietro i numeri della pandemia, prima delle polemiche e delle colpe, prima delle cose che funzionano e di quelle che non funzionano, prima di tutto... Ci sono le persone....”

Per garantire equità di cura e assistenza è necessario identificare i bisogni e pianificare una risposta appropriata, efficace ed efficiente; viene dedicata grande attenzione all’aspetto psico-emotivo dei pazienti che, usciti dalla fase acuta, si sono trovati proiettati in una realtà surreale, circondati da malati intubati o trachestomizzati, curati da personale sanitario in tuta bianca col volto coperto da una visiera e una mascherina.

“Il  COVID-19 ha fatto entrare noi operatori in una sfera ancora più privata nel rapporto con i pazienti e i familiari.  Il tempo dedicato alla visita restava un momento intimo, una parentesi di quasi normalità vissuta tra paziente e congiunti. – afferma Colombo - Quando questo è venuto a mancare per le restrizioni imposte, noi operatori siamo entrati nella sfera di questo incontro attraverso i tablet, le video-chiamate e siamo stati immersi nella vita dei nostri pazienti come non era mai accaduto prima.

L’impatto emotivo è stato altissimo e non è sempre stato facile, abbiamo imparato a parlare e a sorridere con lo sguardo e a riconoscerci grazie al nome che ci scriviamo sul petto o sulla schiena”

Nei mesi scorsi, medici, infermieri, operatori sanitari erano considerati eroi, oggi si legge nelle pagine social e negli episodi che salgono alla ribalta della cronaca, disagio, paura e tanta ostilità.

“Nell’etimologia greca del termine l’eroe è quello che mantiene fede al suo compito malgrado il destino (tuke) avverso: in questo senso siamo stati eroi, abbiamo cercato di fare al meglio il nostro lavoro affrontando una delle sfide più difficili degli ultimi decenni. 

E’ stata un’esperienza dura che ci ha provati e vorrei he si comprendesse davvero il nostro impegno e il nostro stato d’animo.

Ci sono momenti in cui riusciamo anche a sorridere, ad esempio quando vedi i tuoi sforzi ripagati dal gioia di un paziente che viene dimesso e che spazza via ore infinite di stanchezza”.

“Per noi operatori sanitari questa pandemia, in pochissimo tempo, ha cambiato il nostro modo di pensare e di lavorare; sono cambiate le necessità. Ci siamo trovati davanti un’emergenza che nessuno di noi poteva anche solo lontanamente immaginare” - afferma Stefano Cusinato, Direttore Dipartimento Emergenza e Accettazione e Direttore S.C. Nefrologia e Dialisi - Soprattutto all’inizio conoscevamo pochissimo su questo nuovo virus, il COVID-19. 

Dovevamo curare i tantissimi malati che arrivavano al nostro ospedale, che chiedevano aiuto, che non respiravano o che in poco tempo le loro condizioni cliniche precipitavano con necessità di cure intensive e ventilazione assistita; momenti drammatici. 

Per fare questo abbiamo stravolto i nostri reparti creando nuovi posti di rianimazione e di terapia subintensiva, oltre ai tantissimi posti per pazienti COVID-19 più stabili. 

Abbiamo ottenuto tutto questo con un impegno del Dipartimento di Emergenza e Accettazione veramente importante, ma anche attraverso l’aiuto di tutti gli operatori sanitari di tutte le discipline. Oltre a questo, abbiamo continuato a rispondere alle emergenze di pazienti non COVID-19, garantendo gli interventi in emergenza delle specialità chirurgiche, cardiologiche e dialitiche.   

Non voglio sottolineare le emozioni personali ma non posso non considerare il rientro nelle nostre case, con la speranza di non trasportare ai nostri familiari questo virus, le paure di non aver fatto tutto bene in quei momenti così frenetici. 

E poi i nostri colleghi e amici che si ammalavano, qualcuno che purtroppo non ce l’ha fatta.

I visi con lesioni sulla cute provocate dai cerotti e dalle mascherine, distrutti dalle interminabili ore di lavoro. 

Non potrò mai dimenticare il viso di alcune mie infermiere al ritorno in sala dialisi dopo lunghissime ore di trattamenti dialitici in terapia intensiva ed ascoltare la sconfitta con le lacrime agli occhi per chi non ce l’ha fatta.  

Son quei momenti che  ci lasceranno un segno indelebile.

Personalmente devo ringraziare tutti gli operatori che hanno dedicato il loro tempo ai malati, che hanno saputo lavorare in squadra, dimostrando un attaccamento alla professione che è andato ben oltre il dovere istituzionale. 

Credo che tutti noi per una volta possiamo essere orgogliosi del nostro piccolo ospedale che ha dimostrato di aver un grande cuore. 

Per ultimo voglio sottolineare che ogni giorno, noi medici e  operatori sanitari, ci impegniamo affinché nessuno debba essere lasciato solo e questa volta, attraverso i numerosissimi gesti, l’aiuto e il sostegno che la gente del nostro territorio ci ha offerto, accompagnandoci in questo percorso, siamo riusciti tutti insieme a testimoniare che parole come solidarietà e altruismo hanno ancora un valore immenso.

E’ stato un periodo di confronto, di scambi continui per non perdere il filo dell’organizzazione. Tutte le Strutture del Dipartimento Emergenza e Accettazione hanno collaborato e si sono coordinate, portando ognuna il proprio contributo. 

Penso a tutti i reparti come la Medicina interna, la Cardiologia, la Neurologia ecc... che hanno ospitato e supportato nei loro spazi la gestione dei pazienti“.

In questa pandemia l’Ospedale S.s. Trinità di Borgomanero ha giocato un ruolo importante nella Rete Hub and Spoke predisposta dalla Regione Piemonte, confermando che solo attraverso un lavoro di rete è possibile dare risposta alle complesse sfide assistenziali della medicina moderna.

Inoltre il COVID-19 ci ha ricordato che tutte le tessere del puzzle sono fondamentali per comporre il disegno e proprio attraverso lo sforzo e il sacrificio del personale degli ospedali spoke è stato possibile trattare un così grande numero di pazienti, cercando di mantenere operative le cure specialistiche degli ospedali Hub per tutte le altre patologie.

Il COVID circola ancora e dobbiamo tenere alta la guardia.