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Enoc: Al Bambino Gesù una grande e bellissima avventura

“Sogno di costruire un nuovo ospedale”

Novara - «Una grande e bellissima avventura». Così Mariella Enoc, dal febbraio 2015 presidente del Consiglio di amministrazione dell’ospedale pediatrico “Bambino Gesù”, ha definito l'incarico più prestigioso della sua vita professionale, ricevuto direttamente del Santo Padre in una fase molto delicata per il più grande policlinico e centro di ricerca pediatrico in Europa, dove lavorano circa 2.600 tra medici, ricercatori, infermieri, tecnici ospedalieri e impiegati e che ogni anno assiste, nelle sue quattro sedi, oltre un milione e mezzo di bambini e ragazzi di tutto il mondo. Parlando, nella serata di lunedì 3 ottobre, al Rotary Club Valticino di Novara, presieduto da Angelo Danieli e di cui è socia, Enoc, nota manager della sanità privata e già presidente dell'Associazione Industriali di Novara e di Confindustria Piemonte, ha intrattenuto i presenti con la narrazione di un percorso che, insieme al versante operativo, l'ha molto coinvolta anche sul piano umano.

«Ho dovuto rinunciare alla mia vita privata e personale – ha rivelato – e nonostante le difficoltà che ho incontrato, a causa del mio rigore su alcuni principi, si tratta di un'esperienza davvero straordinaria: la struttura è molto motivata, con medici e infermieri bravissimi, che spesso fanno molto più del dovuto. Da alcuni mesi, inoltre, abbiamo intrapreso un percorso di formazione che vuole trasformare il Bambino Gesù da azienda ospedaliera in vera e propria “comunità” a sostegno di chi soffre. I suoi pilastri devono essere l'innovazione, la leadership e la trasparenza, con prima di tutto l'attenzione alla piena realizzazione della sua missione, che è quella di curare e di guarire».

Il Bambino Gesù segue ciascun piccolo ospite e la sua famiglia dal primo minuto in cui entrano in contatto con l'ospedale, lungo l'intero percorso di cura, fino al rientro a casa, e a volte anche dopo. Ogni attività si fonda sui principi morali ed etici della fede cattolica, in cui centralità della persona significa riconoscere la dignità di ogni bambino, genitore, medico e operatore sanitario.

«Il Santo Padre – ha proseguito Enoc – mi ha incaricato di aiutare gli ospedali cattolici a uscire da una crisi che è gestionale ma anche culturale: la sanità cattolica non deve semplicemente limitarsi a fornire un sostegno operativo al Servizio sanitario nazionale, ma deve riprendere la sua missione originaria, che è quella di rispondere alle varie forme di “povertà di salute” per cui è nata. Da questo punto di vista al Bambino Gesù, stiamo, ad esempio, lavorando con delle stutture mobili nei campi Rom della capitale, cercando di portare sostegno e conoscenze sanitarie di base, e abbiamo attivato corridoi umanitari per alcune famiglie siriane. Una delle povertà più grandi di oggi è quella della salute e noi dobbiamo riuscire a far fronte più possibile alla mancanza di questo bene primario. Anche nelle “periferie esistenziali”, come le chiama Papa Bergoglio, si deve essere presenti e vicini alle persone che ne hanno più bisogno: i suicidi degli adolescenti sono frequenti e noi cerchiamo di fornire supporto alle persone più fragili; ma lavoriamo molto anche sulle malattie dovute all'alimentazione».

Oltre che nelle attività di ricerca il Bambino Gesù investe in quelle a fini umanitari. «A Bangui, ad esempio, la capitale della Repubblica Centrafricana, dove il Papa ha aperto la Porta Santa nel novembre 2015 – ha spiegato Enoc –  stiamo ristrutturando un ospedale e realizzando una scuola di specialità in pediatria per formare dei medici, che per la prima volta vengono retribuiti. Abbiamo strutture anche in Etiopia e in Giordania, dove è attivo un centro riabilitativo per bambini che vengono dai campi profughi siriani. Sono progetti molto impegnativi e che mi richiedono spesso faticose trasferte, ma che arricchiscono il nostro orizzonte valoriale; ritengo infatti che i risultati delle nostre ricerche e le competenze che ne derivano vadano diffusi e messi a disposizione di tutta la comunità. Anche la Fondazione che fa riferimento all'ospedale ha ripreso le sue attività, ad esempio con la produzione del cd “Vite coraggiose”, che è stato registrato da Al Bano e finanzierà la ricerca e la cura delle malattie genetiche “orfane”, quelle ancora senza nome e senza diagnosi. Ogni iniziativa, se gestita con trasparenza e serietà, dà risultati positivi».

Durante il suo intervento Enoc ha rivelato ai soci rotariani anche le difficoltà di una vita frenetica, che la impegna più di quanto, a volte, ha temuto di essere in grado di riuscire a reggere, ma che le sta dando grandi soddisfazioni. «Quando ho detto al Papa che avevo quasi 73 anni – ha rivelato – lui mi ha risposto che ne aveva quasi 80, e che quindi l'età non poteva costituire un problema...! Non sono mancati, anche recentemente, i periodi di tensione, ma l'avere la piena fiducia del Santo Padre e del segretario di stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, è una condizione che senza dubbio mi conforta: mi spronano a continuare a essere libera da condizionamenti e a condurre l'ospedale “con mano ferrea in guanto di velluto”. Il grande coinvolgimento delle persone che lavorano nella struttura è per me un altro elemento fondamentale di motivazione: lavoriamo “in cordata”, tutti insieme, e questo è molto bello».

Enoc, che da una vita si occupa di sanità, non sa ancora dire quando si concluderà questa sua «avventura romana», di cui è senza dubbio orgogliosa, ma ha un progetto al quale sta dedicando una parte significativa delle sue, all'apparenza inesauribili, energie: «il mio sogno – ha concluso – è di riuscire ad avviare il percorso per la costruzione di un nuovo ospedale. La sede del Gianicolo ha 150 anni di età e non abbiamo più spazio fisico a disposizione, sia per le attività di ricerca sia per quelle a sostegno dei pazienti e delle loro famiglie. Stiamo verificando la disponibilitàà di una nuova area, che dovrà essere sempre nello Stato Vaticano, e anche se non potrò vedere realizzato del tutto questo progetto mi piace pensare di avervi potuto dare anche il mio concreto contributo. Spero di riuscire anche in questa “follia”, perché si deve sempre guardare al futuro».