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LA TESTIMONIANZA DEI CRISTIANI

Il discorso di mons. Brambilla in occasione della Messa solenne di San Gaudenzio
Mons. Franco Giulio Brambilla

Novara - Proponiamo l'omelia che nel corso della Messa solenne in occasione della Patronale di San Gaudenzio è stato pronunciato dal vescovo di Novara, mons. Franco Giulio Brambilla: "Carissimi, dopo il Giubileo della misericordia, in questa festa di san Gaudenzio vorrei con voi guardare al futuro. È uscita in questa settimana una piccola opera intitolata Liber pastoralis (Queriniana, Brescia 2017), che ho sognato di scrivere da molti anni. È il mio omaggio alla Chiesa gaudenziana, perché cresca sulle vie del Signore. Essa ha al suo centro questa idea semplice e forte: la Chiesa di domani avrà un futuro se custodirà la testimonianza dei cristiani. Il mondo di oggi ha bisogno di chi curi le anime, ma la cura animarum deve sostenere la testimonianza cristiana nella sua forma ecclesiale adulta e matura. 1. La cura della testimonianza dei cristiani - Il testo della Prima lettera di Pietro che abbiamo ascoltato come seconda lettura è citato ben 14 volte nei documenti del Vaticano II. L’autore della lettera si presenta sotto il nome di Pietro e descrive con la metafora edilizia la testimonianza dei credenti. Il v. 4 (Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio) afferma che Cristo è la pietra viva, la roccia sicura, che bisogna scegliere. Su Gesù pietra/roccia viva (si noti: è Pietro che parla!) anche noi come “pietre vive” dobbiamo lasciarci edificare da Dio, come “casa spirituale”. La casa spirituale ha la forma di un tempio di persone. È un’opera di Dio che esige di lasciarsi continuamente posare e sagomare (oikodoméo: presente continuo) sul fondamento che è Cristo. Viene, poi, indicato lo scopo (eis) di questa casa/tempio: per un sacerdozio santo. È un nuovo tempio spirituale, dove si esercita un sacerdozio santo. Il culto si esprime in sacrifici spirituali graditi a Dio. La lettera afferma che tutto il popolo di Dio è sacerdotale! Al v. 9 il testo passa alla metafora storico-salvifica del nuovo popolo di Dio. Tutti i termini usati nell’Antico Testamento per descrivere Israele, sono applicati al nuovo popolo eletto: «Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce».Le quattro proprietà del popolo cristiano sono attive e dinamiche, e hanno una proiezione missionaria: affinché proclamiate le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce. Ciò che i credenti devono annunciaresono leazioni e le opere eccellenti di Dio che li ha fatti passare dalle tenebre dell’uomo vecchio alla luce splendente dell’uo­mo nuovo. Cari fratelli, ancora ai primi passi di questo terzo millennio stiamo faticosamente cercando la strada del futuro: la fede cristiana sopravvivrà se avrà il volto riconoscibile della testimonianza di tutti i cristiani. Custodire la testimonianza di tutti i cristiani e prendersi cura della Chiesa come testimonianza ci fa superare lo schema dei chierici che si dedicano alla cose di Dio e dei laici che si occupano delle cose del mondo.Anche la nostra assemblea questa mattina è ancora la rappresentazione di questa separazione che dura da un millennio e che è difficile da superare: i chierici schierati qui sull’altare e i laici che benevolmente ascoltano se c’è qualcosa di interessante di cui far tesoro. Questo non è del tutto sbagliato, ma bisogna dire a voce alta che tutti i credenti, in forza del loro battesimo, hanno una testimonianza originaria, e non delegata, da portare nel mondo. La testimonianza dei cristiani è la primavera di una nuova Pentecoste! La cura della testimonianza dei credenti deve stare al centro della nostra preoccupazione dei prossimi anni. Da qui nasce la domanda essenziale: come essa si esprime nella dedizione di tutti perché la Chiesa sia segno del Vangelo, e il Vangelo costruisca una grande cattedrale con la compagine dei suoi membri? Guardate la nostra basilica di san Gaudenzio: i nostri padri non hanno avuto paura di costruire una Chiesa così avveniristica, con una cupola che non ha eguali al mondo. Non possiamo osare di costruire una città degna di un segno civile e religioso così meraviglioso 2. I pilastri della testimonianza - A chi oggi vi chiederà che cosa ha detto il vescovo, risponderete: ci ha detto di essere testimoni ogni giorno e in ogni gesto della nostra vita. Che cosa comporta questo? Costruiamo almeno quattro pilastri su cui può innalzarsi la cupola altissima della testimonianza. Primo: Il pilastro sacramentale della testimonianza I cristiani attestano che sono fondati sulla pietra viva che è Cristo, mediante l’ascolto della Parola e la celebrazione dei Sacramenti, in particolare dell’Eucaristia. I primi cristiani celebravano i gesti della fede, erano assidui nella preghiera, si radunavano nell’ascolto della Parola degli apostoli, ricevevano il battesimo e celebravano la cena eucaristica. Abbiamo bisogno di credenti che vanno in Chiesa per vivere e non per farsi vedere. Essi devono trovare nella Parola e nel sacramento la forza del loro essere credenti. Ciò deve portare al centro della cura pastorale la preghiera personale e liturgica, la lettura e l’ascolto del Vangelo, la celebrazione dell’Eucaristia, la vita liturgica e devozionale, così che diventino il nutrimento costante del cristiano. Credenti malnutriti non possono affrontare la battaglia della vita. Dove sono i credenti a tutto tondo che hanno dato luminosa testimonianza anche nella città di Novara? Secondo: il pilastro spirituale della testimonianza. Il vissuto spirituale dei credenti colora la testimonianza cristiana con le molte condizioni reali di vita. Il bisogno di spiritualità è diventato centrale nelle nostre società occidentali, ricche di un’abbondanza persino eccesiva di beni e segnate da una povertà disperante di significati per vivere. Questo propone alle nostre comunità cristiane una domanda cruciale: sono esse luoghi di autentica esperienza cristiana, personale e personalizzante, che si fa carico della fede altrui, arrischia percorsi vocazionali, di servizio nel volontariato e nell’im­pegno civile? Bisognerà pensare alla vita di famiglia e al servizio cristiano come due luoghi in cui il culto spirituale, la vita nella giustizia e nella carità, plasma credenti forti, che sanno esportare la loro esistenza cristiana anche in altri ambienti di vita. Nel lavoro e nella professione, nelle relazioni della vita sociale, nel servizio di volontariato, nell’impegno per la cosa pubblica, essi possono essere lievito nella pasta del mondo perché sono uomini e donne forti di una profonda autonomia spirituale, relazionale, fraterna. Terzo: il pilastro morale della testimonianza. Oggi occorre avere un particolare riguardo alla formazione della coscienza morale, alla vita pratica della fede che si misura nella sfida della giustizia e della carità. Il tempo dedicato a educare non è più di moda. Il cristiano non riesce più ad animare i luoghi della professione, del volontariato e dell’impegno sociale. Egli fatica a percepire questi luoghi non solo come il normale luogo della pratica della fede, ma anche come il test decisivo della qualità della sua testimonianza nel mondo. La coscienza morale si è appannata sia per quanto riguarda la trasparenza delle norme morali, sia per il vissuto di onestà, dedizione, gratuità che ha costruito nella storia splendide figure di testimoni. La coscienza morale è la carta di identità del cristiano: egli non solo paga le tasse, ma soprattutto paga di persona, perché è presente quando c’è da educare, pensare, animare, servire e testimoniare anche al prezzo della vita. Quarto: il pilastro dialogico della testimonianza. La testimonianza dei cristiani e della Chiesa ha sempre mostrato due facce essenziali: il martirio e il dialogo, l’una non senza l’altra. La testimonianza cristiana si è sempre caratterizzata per il diverso dosaggio di questi due elementi, critico e positivo, escatologico e incarnato. La fede non può perdere il suo rilievo “critico”, la coscienza cristiana non può perdere la funzione di pungolo che la vita cristiana esercita di fronte alle forme dell’umano, soprattutto oggi nel mondo secolarizzato. Se non ci è mai capitato di essere in imbarazzo, perché il nostro giudizio e le nostre scelte andavano controcorrente, dobbiamo sospettare che la nostra fede sia significativa per il tempo attuale. Nella storia, tuttavia, la testimonianza cristiana non ha mostrato solo il suo aspetto critico, ma anche la forza prodigiosa di trasformazione delle concezioni culturali, nell’incontro con altre ideologie e culture religiose. La storia del­l’Oc­cidente e dell’Oriente cristiano ne è l’attestazione nel campo del pensiero, delle arti, della musica, della letteratura e delle forme molteplici del sapere e dell’agire umano. Fermiamoci un momento: confrontiamo la bellezza struggente di questa basilica con l’anonimato di una città mercato con i suoi riti ripetitivi e massificanti. La creatività del Vangelo di fronte alle diverse culture è forse l’aspetto su cui le comunità cristiane oggi investono di meno. Carissimi, quest’anno non ho particolari annunci da fare. L’operosità di molti credenti insieme agli uomini e alle donne di buona volontà continua a dare volto umano alla nostra città. Noi li ringraziamo di cuore. Nel libro di cui ho parlato all’inizio ho messo per iscritto il sogno di una Chiesa libera, sciolta e generosa. Alcuni giorni fa è mancato il grande sociologo, di origine ebraica, Zigmunt Bauman. Mi ha colpito la sua icastica descrizione dei “demoni che perseguitano il nostro tempo”: «Le radici dell’insicurezza [nella nostra Europa] sono molto profonde. Affondano nel nostro modo di vivere, sono segnate dall’indebolimento dei legami interpersonali, dallo sgretolamento delle comunità, dalla sostituzione della solidarietà umana con la competizione senza limiti, dalla tendenza ad affidare nelle mani di singoli la risoluzione di problemi di rilevanza più ampia, sociale. La paura generata da questa situazione di insicurezza, in un mondo soggetto ai capricci di poteri economici deregolamentati e senza controlli politici, aumenta, si diffonde su tutti gli aspetti delle nostre vite. E quella paura cerca un obiettivo su cui concentrarsi. Un obiettivo concreto, visibile e a portata di mano». Posso dirvi con franchezza: il vostro vescovo e la chiesa di Novara sarà al vostro fianco per costruire – come suggerisce Bauman – un mondo di legami buoni, di ritrovata comunità, un argine sicuro contro ogni paura. Buon anno 2017!"