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Il dialogo è finito? I cristiani e le altre religioni

Borgomanero - Brunetto Salvarani, docente di Missiologia e Teologia all’Università dell’Emilia Romagna, è stato categorico "è necessario – ha più volte sottolineato nel suo discorso – investire sull’educazione al dialogo a tutti i livelli" ed ha evidenziato un decalogo per realizzare il progetto di dialogo interreligioso. Da qui il suo discorso che è partito dal Concilio Vaticano II del 1964 che  "ha dato il via a una grande trasformazione dell’elemento religioso in questi ultimi cinquant’anniSe prima del 1964 – ha specificato – la religione connotava un’identità di conservazione (fuori dalla Chiesa non c’è salvezza) ora la religione è in movimento, passando dal modello parrocchiale a quello del pellegrino". Ciò che Salvarani ha voluto sottolineare con forza è stato quello del pluralismo religioso "che in questo ultimo mezzo secolo è diventato caratteristico di tante nazioni" in quanto "i paesi cattolici erano per antonomasia nel 1945 Europa e Nord America e il resto era terra di missione, ora i ruoli sono cambiati e troviamo al primo posto il Brasile seguito dalle Filippine e dal Messico". Detto questo Salvarani è andato oltre "l’Europa si sta svuotando di Cristiani e le parrocchie rinascono in America Latina e Asia" ha continuato "i grandi contenitori del Cristianesimo sono destinati ad essere scomposti, in quanto in Asia e Africa ci sono realtà che diventano riferimento per  tante persone". Ed ecco l’esempio della chiesa Kimbanguista in Congo che vanta milioni di fedeli e che porta Salvarani a dire "i Cristiani nel mondo sono oltre 2 miliardi e 300 milioni; ben 300 milioni fanno parte delle chiese indipendenti. Tutto questo ci indica che le cose stanno cambiando" e cita Giovanni Paolo II "Woitila ha chiamato i fedeli, dopo il settembre 2001, a condividere il digiuno di Ramadam" mentre con Benedetto XVI "il dialogo si sposta dal piano teologico a quello culturale". Con Papa Francesco invece "il dialogo è sociale per un cammino comune". Salvarani ha poi specificato, oltre alla possibilità in futuro di un confronto “acceso” tra Cristianesimo e Indusimo, al decalogo del dialogo basato su "persone, cose concrete, identità, confessioni diverse, ascolto, gesti" in quanto ‹‹noi abbiamo bisogno di dialogo".

Ecco il decalogo per attuare il  dialogo proposto da Brunetto Salvarani:

1-   Tra le persone

2-   Partendo da cose concrete

3-   Partendo dalle nostre identità

4-   Dalle cose in comune tra le diverse Confessioni

5-   Senza nascondere le cose che ci rendono diversi

6-   Partendo da qualcuno che racconta

7-   E da qualcuno che ascolta

8-   Non solo fatto di parole, ma anche di gesti

9-   Pensare in modo “glocale”

10- E’ un qualcosa che ci unisce e ci lascia migliori, in un processo di umanizzazione.

L’analisi del sociologo Khaled Fouad Allam porta ad una conclusione: la battaglia per la “cultura” sarà determinante per il divenire dell’Islam. Di questo tema si è discusso, nella serata di mercoledì 4 giugno, nell’ambito del Festival della Dignità Umana a Borgomanero. Il noto editorialista de “Il Sole 24 ore” ha tracciato, attraverso immagini e canzoni, il rapporto tra Occidente nella seconda metà del secolo scorso e il mondo arabo attuale, paragonando la “voglia di rivoluzione” dei giovani, di entrambe le culture, verso il potere costituito e verso i “padri”.

 

Il punto di partenza è stato il 1989, anno della caduta del muro di Berlino, fatto dal quale prende avvio ‹‹un notevole cambiamento che innesta il paradigma dell’uguaglianza››. In pratica Allam ha voluto sottolineare due fatti: il primo inerente alla decolonizzazione ‹‹fatta in nome dell’uguaglianza›› e il secondo nel quale ‹‹l’uguaglianza è stata il propulsore della ideologia››. In mezzo a tutto questo il cambiamento dell’Occidente, a partire dalla metà degli anni sessanta del novecento sino ad arrivare alle cosiddette “primavere arabe”  ‹‹somma dell’accumulo storico del ‘900››.  Il sociologo ha sottolineato più volte che ‹‹l’emancipazione politico religiosa avviene sempre prima di quella delle Istituzioni››. L’analisi è stata meticolosa e profonda. Film, canzoni occidentali  ( metà anni sessanta del novecento) e del mondo arabo hanno tematiche uguali: la denuncia del potere e dell’oppressione esercitata sulle masse dallo stesso. ‹‹I fratelli mussulmani – ha sottolineato – vogliono portare la sharia (legge islamica medioevale) in tutto il mondo arabo›› ma il reale problema ‹‹sta nel controllo politico dell’Islam: questo in futuro giocherà un ruolo fondamentale›› anche perché per gli occidentali ‹‹l’Islam è sentito come ‘lontano’, è storia e non memoria condivisa››.