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PRESENTATO AL DON BOSCO IL NUOVO LIBRO DI MAMRE

Mario Metti

Borgomanero - «Sono a Torino. Esco, tutto commosso, dalla chiesa dove don Bosco ha detto la prima messa e incrocio un povero che dorme sul marciapiede coperto da un cartone. E non mi commuovo. Anzi, non lo guardo nemmeno in volto. Tornato a casa, mi faccio un bell'esame di coscienza e capisco che non ho fatto il bene che potevo fare». É uno dei passaggi centrali dell'intervento con cui, venerdì sera, il direttore dei Salesiani di Borgomanero Giuliano Palizzi ha concluso, nell'affollata aula magna del collegio “Don Bosco”, la presentazione del libro “Vivere la carità... insieme”voluto dall'associazione Mamre e dall'editore Giuliano Ladolfi. «Non si educa alla carità- ha spiegato - se non si vive la carità. Tutta la teologia che ho studiato non vale l'esempio che ho ricevuto da mio padre. Eravamo cinque figli, la mia era una famiglia che non se la passava certo bene. Ebbene: una sera a cena mia madre disse che quel giorno era passato un uomo che stava peggio di noi e che lei non aveva trovato niente da dargli. Mio papà, che non era uno che andava spesso in chiesa, allora picchiòun gran pugno sulla tavola e disse: “Quando viene un povero in questa casa, ci dev'essere sempre qualcosa per lui”».

Ladolfi ha invitato i lettori «a centellinare questo volume». Ha poi aggiunto: «La presenza di così tante persone indica chiaramente l'apprezzamento per l'operato di Mario Metti (nella foto) e della casa di accoglienza “Piccolo Bartolomeo”». Metti, da parte sua, ha evidenziato: «Senza l'intervento del professor Ladolfi quest'opera non avrebbe mai visto la luce». Un accenno, poi, a don Giuliano e al prevosto Piero Cerutti «che costruiscono ponti», e il ricordo del salesiano Angelo Mattiello a cui èdedicato “Vivere la carità... insieme”. «Aveva –ha affermato - un entusiasmo travolgente, era un trascinatore incredibile». Metti, che insieme a Chiara Fontaneto ha successivamente letto alcune pagine del libro, ha anche sottolineato due verbi: “accorgersi”e “incontrare”. «Dobbiamo - ha proseguito - saper vedere il prossimo specie quando ha bisogno. Casa “Piccolo Bartolomeo”ènata per ospitare ragazze madri; adesso, invece, la maggior parte delle ospiti èrappresentata da donne che hanno subito violenze, in molti casi fra le mura domestiche. Abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti, a cominciare da chi ha la possibilitàdi mettere a disposizione qualche ora del suo tempo, o magari da chi, passando a una situazione di questi giorni, puòoffrire un'occupazione a una donna di 46 anni rimasta senza lavoro».

L'incontro è stato arricchito dalle note di Roberto Barcellini, direttore della “Music Art Academy”, e dalle proiezioni di parte delle interviste che Metti ha realizzato nei mesi scorsi al direttore della “Casa della carità”di Milano Virginio Colmegna, alla gente di Lampedusa che ha accolto i migranti e al missionario comboniano Alex Zanotelli. Contributi la cui versione integrale si trova all'interno del libro che èstato curato, oltre che da Metti, dal teologo Giannino Piana: «Questa sala cosìpiena èil miglior riconoscimento possibile della concreta attuazione della caritàsvolta quotidianamente da Metti. Ecco: la caritàèl'essenza stessa del mistero di Dio. La veritàèche non basta dare qualcosa; non basta nemmeno, paradossalmente,  dare tutto quello che si ha. La caritàèsoprattutto donare quello che si è». Palizzi, da parte sua, ha citato anche un tweet, risalente a giovedì27, di papa Francesco: «L'amore èla misura della fede». «Eppure sento spesso ripetere - ha analizzato - che i catechisti non insegnano piùl'atto di fede, quello di dolore... Ma la fede non èdire tutti i peccati in confessionale; èincontrare una persona in grado di cambiarci la vita. E quella persona non èil Gesùbello, biondo, che ci èstato propinato per secoli, ma il GesùCristo del Vangelo, quello che s'identifica negli affamati, negli assetati, nei carcerati... Poi ci sorprendiamo se i nostri giovani non vengono piùa messa. Ma mi viene da dire che fanno bene. É una provocazione, d'accordo. Ma li capisco: le nostre sono funzioni per adulti, anzi per vecchi. Dobbiamo imparare a usare il linguaggio dei ragazzi». E invece, per don Giuliano, tanti cristiani «passano il loro tempo stando alla finestra a mugugnare, a rimpiangere i tempi in cui c'era la messa in latino. Ma l'avete sentito papa Francesco? Parlando ai seminaristi, li ha invitati a non essere devoti della “dea lamentela”, e rivolgendosi alle suore le ha messe in guardia dal “terrorismo delle chiacchiere”. Basta brontolare. E viviamo finalmente la carità“contagiando”gli altri, educandoli alla carità».