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Una serata al San Michele alle Verzole

Borgomanero - Quanto sia legata la Comunità borgomanerese al colle di San Michele e alla chiesetta denominata “San Michele alle Verzole”, lo si è capito sabato 15 giugno nel salone d’onore di villa Marazza. Il Gruppo Archeologico Storico e Artistico del borgomanerese ha “calato” quattro assi per illustrare questa secolare realtà. In una sala gremita di pubblico, sono intervenuti lo storico Alfredo Papale, Angela Guglielmetti e Leonardo De Vanna archeologi e Giorgio Ingaramo, architetto ed esperto.

Con la consueta competenza che lo contraddistingue, Papale ha introdotto l’argomento legandolo ai ricordi del passato, “quando il colle di San Michele era la meta preferita dai ragazzi che si immergevano in mare di vitigni”. Lo storico è andato oltre ai ricordi legati alle proprietà delle famiglie storiche che insistevano in questo colle, ricostruendo i fatti attraverso i documenti. Una pergamena, datata 1132 e siglata da Papa Innocenzo II, divideva il territorio in tre Pievi: Gattico, Gozzano e Cureggio (Borgomanero non esisteva ancora). In questa ultima realtà rientravano le chiese di San Michele, San Martino e San Leonardo santi “francofoni”. Qualche anno dopo, nel 1150 si cita, in altri documenti, la chiesa San Michele, realtà isolata senza nessun abitato. Pietro Azario, il cronista dei Visconti, scrive della peste nera (1347) e dell’abbandono delle terre ( e degli Oratori)  da parte dei coloni. Il territorio sarà poi “ripopolato da altri coloni, provenienti dalla Valsesia e da paesi viciniori. I cognomi dei borgomaneresi d’oggi, testimoniano ancora questa fase”. Poi tutta una serie di visite vescovili sino ad arrivare alla metà del settecento. Per sottolineare la bontà del prodotto vinicolo del colle, Papale ha usato una frase in vernacolo “marsalà da San Michè e ovi dal toopulè”, la cui traduzione (non letterale) significa la bontà dei prodotti locali.

Angela Guglielmetti ha focalizzato l’attenzione sui ritrovamenti in loco premettendo che “è dagli anni settanta che non si effettuano più scavi”. Ha ricostruito, dalla civiltà golasecchiana (IX secolo a.C.) all’insediamento della popolazione di origine celtica, gli Agoni (IV secolo a.C.), la cronologia dei vari ritrovamenti: necropoli, tombe vuote, e due specchi in lega bronzo-piombo, questi risalenti al I secolo a.C.. La parola è poi passata a Leonardo De Vanna. Lo studioso ha puntualizzato che “negli ultimi anni è cambiato il modo di operare dell’archeologo: il suo compito è quello di interfacciarsi con altri soggetti, creando una relazione tra un oggetto e l’altro”.

La chiusura del convegno, perché di convegno si è trattato, è stata dell’architetto Giorgio Ingaramo. Partendo dalla messa in sicurezza della struttura della chiesetta, avvenuta nell’ottobre scorso, ha tracciato la storia del culto di San Michele nella cristianità sino ad arrivare ad illustrare, meticolosamente, ogni parte della chiesetta. Il risultato è che questa è anteriore al decimo secolo. In ultimo l’appello “affinchè s’intervenga per salvare la chiesetta e, di conseguenza, tutto cio’ che è legato ad essa”.