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Al Coccia è tempo di Così fan tutte di Mozart

Venerdì 16 e domenica 18 dicembre una Coproduzione con Spoleto58 Festival dei 2Mondi, Teatro Alighieri di Ravenna e Fondazione Teatri di Piacenza
Dante Ferretti con la direttrice artistica del Coccia, Renata Rapetti

Novara - Torna protagonista l’opera lirica al Teatro Coccia di Novara: venerdì 16 dicembre alle  20.30 domenica 18 alle 16 va in scena Così fan tutte, o sia La scola degli amantidi Wolfgang Amadeus Mozart, su libretto di Lorenzo Da Ponte. La storia di una scommessa sulla fedeltà femminile, un’opera straordinariamente complessa sul senso dell’amore. L’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, fondata da Riccardo Muti, è condotta da Carla Delfrate, le scene e i costumi sono dei premi Oscar Dante Ferretti (nella foto con la direttrice artistica del Coccia, Renata Rapetti) e Francesca Lo Schiavo, la regia di Giorgio Ferrara, le luci di Daniele NannuzziCoro del Teatro Municipale di Piacenza. Arriva al Coccia di Novara l’opera che ha inaugurato nel giugno del 2015 la 58esima edizione delFestival dei Due Mondi di Spoleto, uno dei più grandi appuntamenti internazionali di teatro, arte, musica e spettacolo, prodotta da Fondazione Teatro Coccia con Spoleto58 Festival dei 2Mondi, Teatro Alighieri di Ravenna e Fondazione Teatri di Piacenza.

L’allestimento è il primo dei progetti frutto della collaborazione tra il teatro novarese e il Festival dei Due Mondi: a giugno 2016 ha infatti inaugurato l’importante kermesse un’altra opera di Mozart Le nozze di Figaro, produzione di Fondazione Teatro Coccia che a gennaio del 2017 sarà mesa in scena al Cartagena Festival Internacional de MusicaBiglietti dai 32,00 ai 62,00 euro. Per informazioni e acquisti www.fondazioneteatrococcia.it – 0321 233201.

Sull’opera - Così fan tutte, o sia La scola degli amanti, è la terza ed ultima delle tre cosiddette opere italiane scritte dal compositore salisburghese su libretto di Lorenzo da Ponte, dopo Le nozze di Figaro (1786) e Don Giovanni (1787). Ultima opera buffa di Mozart, fu commissionata dall’imperatore Giuseppe II in seguito al successo delle riprese viennesi di Don Giovanni (maggio 1788) e delle Nozze di Figaro (agosto-novembre 1789). La prima rappresentazione ebbe luogo al Burgtheater di Vienna il 26 gennaio 1790, quasi al termine di quello che verrà poi definito come il noto decennio d’oro del grande compositore austriaco, poco prima della sua morte. L’opera continua a piacere anche nel terzo millennio: il segreto della sua longevità è nella magia della musica mozartiana, nel raffinato gioco linguistico, nella storia arguta e intrigante di una scommessa pericolosa, raccontata con maestria dai versi di Lorenzo Da Ponte, che mette alla prova la saldezza dei sentimenti per rivelare tutta la fragilità dell’essere umano. Quest’opera, che è stata condannata come immorale dopo le prime rappresentazioni, è oggi considerata, da molti, come una fra le migliori opere di Mozart. Composta dai classici due atti, si snoda attraverso sedici scene nel primo atto e diciotto scene del secondo, raccontando la storia di una scommessa sulla fedeltà femminile: "E’ la fede delle femmine come l’Araba fenice: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa!"

Al centro della vicenda, domina il tema amoroso e l’intreccio è di un’ammirevole geometria teatrale. Nella Napoli del XVIII secolo gli ufficiali Ferrando e Guglielmo scommettono con il cinico Don Alfonso che le loro fidanzate, le sorelle Fiordiligi e Dorabella, rimarranno loro fedeli. Don Alfonso vuole dimostrare che le ragazze sono, come tutte le altre, pronte al tradimento. Fiordiligi e Dorabella apprendono da Don Alfonso che i loro fidanzati stanno per partire, richiamati in guerra. Le due donne vengono convinte da Despina, pagata da Don Alfonso, ad accettare la corte di due albanesi che altri non sono che i loro fidanzati travestiti. Secondo il piano concordato con Don Alfonso, i finti albanesi corteggiano le dame, ma Guglielmo si rivolge a Dorabella e Ferrando a Fiordiligi, scambiandosi i ruoli e mettendo alla prova la fedeltà delle fidanzate. Sulle prime, l’atteggiamento virtuoso delle ragazze desta il compiacimento degli ufficiali, ma dopo tante lusinghe, le sorelle, ormai attratte dai due albanesi, cedono accettando di sposarli. Nel bel mezzo del banchetto nuziale viene annunciato il ritorno degli ufficiali. Gli albanesi si eclissano e al loro posto tornano i fidanzati delusi. Guglielmo e Ferrando svelano l’intrigo e alle ingannate e ingannatrici, Don Alfonso riassume la morale della vicenda: alla scuola degli amanti il disinganno può solo portare saggezza. Si celebrino dunque le nozze: Fiordiligi con Guglielmo, Ferrando con Dorabella.

L’amore femminile è superficiale, dunque, ma è anche vero che Ferrando e Guglielmo - gettando i rispettivi travestimenti - sconfiggono il filosofo e perdonano le loro fidanzate. Le virtù dell’amore trionfano col ricomporsi delle coppie così come esse erano in origine. Né il cinismo del vecchio Don Alfonso né le malizie femminili della sua complice, la serva Despina, riescono a snaturare la passione amorosa, che ha subìto una semplice prova, vittoriosamente superata. In altre parole, l’amore è intangibile e inattaccabile dagli assalti che subisce tanto dal razionalismo filosofico quanto dai vizi mondani e se il valore dell’amore sta più nel perdono dei maschi che nell’umana debolezza delle donne, ciò corrisponde perfettamente al maschilismo corrente dell’epoca.