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RICORDANDO CARLO NEGRONI: DALLA STORIA ALL’IMPEGNO SOCIALE

Novara - La Delegazione di Novara del Fondo Ambiente Italiano (FAI) organizza, per il prossimo 22 marzo alle 17,30, presso l’Archivio di Stato di Novara in Corso Cavallotti, una conferenza storica dedicata alla memoria di Carlo Negroni, benefattore cittadino del XIX secolo e fondatore della omonima “Opera Pia”. L’iniziativa è promossa dalla Delegazione FAI di Novara insieme alla Associazione “Scrinium-Amici dell’Archivio di Stato di Novara”, con il patrocinio dell’Associazione di Volontariato “Amici Opera Pia Carlo Negroni Onlus” e dell’”Opera Pia Negroni Asili per l’Infanzia”. Relatrice della serata sarà la professoressa Emiliana Mongiat, che ricorderà la personalità poliedrica del benefattore che profuse tanto impegno e generosità per Novara. Nel corso dell’incontro, il presidente della neonata (lo scorso giugno) Associazione “Amici Opera Pia Carlo Negroni Onlus”, Antonio Poggi Steffanina, presenterà le finalità del sodalizio ed il primo progetto sociale dedicato ad offrire un sostegno economico per inserire all’Asilo Nido dell’Opera Pia Negroni un bimbo di una famiglia in difficoltà finanziaria. Al proposito, sarà allestito un banchetto all’interno dell’Archivio di Stato per raccogliere i fondi. L’intento della neonata Associazione è quello di garantire ai bambini specifiche attività formative da affiancare alla progettazione didattica degli Asili Opera Pia Negroni, fornendo anche aiuti concreti per i nuclei familiari con difficoltà economiche.

CARLO NEGRONI. Il Senatore e Giurista novarese che amò «la giustizia, la religione, le buone lettere» (di Emiliana Mongiat)

Carlo Negroni (Vigevano 1819 – Novara 1896) è l’esempio più significativo di quella illuminata cultura ottocentesca che aveva riposto massima fiducia nelle possibilità di sviluppo morale, civile ed economico che sarebbero potute pervenire ad una città se correttamente amministrata.

Come scrisse e fece incidere sull’epigrafe predisposta per la propria sepoltura (ora leggibile solo in parte) egli fu “Giurista, Deputato al Parlamento, Senatore del Regno, Consigliere e Sindaco della Città, Consigliere e Deputato della Provincia per la Sanità e l’Istruzione, Presidente del Collegio Caccia, Amministratore dei Pii Istituti, Cooperò alla preparazione del Codice Civile, amò la religione, la giustizia e le buone lettere”. Negroni ebbe, perciò, una vita molto intensa durante la quale  riuscì a coniugare le aspirazioni personali con le istanze della collettività in un periodo storico molto articolato e complesso che vide la definizione di tutte quelle istituzioni che qualificarono, in senso moderno, lo Stato unitario. Un tempo durante il quale Carlo Negroni, come gli altri uomini di cultura, dovette confrontarsi con problemi e idee di vasto respiro, per la prima volta nella storia italiana estesi oltre i confini municipali o territoriali, in cui intervenne operando secondo una linea di pensiero prudente, accorta e sostanzialmente conservatrice.

Linea di pensiero guidata dall’amore per «la religione, la giustizia e le buone lettere» che trova riscontri continui nelle più diverse documentazioni: negli interventi effettuati dal Negroni nell’ambito dei vari consigli amministrativi di cui era stato membro o presidente, negli scritti personali, nei commenti espressi dai contemporanei pubblicati sui giornali del tempo, nelle parole dei biografi e di quanti hanno scritto su di lui, nei libri che scelse per la propria bilblioteca, nell’uso che egli fece dell’arte, vista sempre e solo come mezzo per esemplificare virtù civiche e per educare i cittadini meno colti,  come strumento insostituibile per garantire la memoria personale all’interno della memoria della collettività. Al centro dei suoi interesse stava, comunque e sempre, la città non solo come Ente amministrativo ma anche come tessuto urbano, da ampliare e  abbellire.

Proveniente da famiglia agiata e figlio di magistrato, Carlo Negroni ebbe la fortuna di formarsi professionalmente alla scuola di Giacomo Giovanetti, costruendo la propria immagine di giurista -e il proprio patrimonio economico- sulla conoscenza delle leggi inerenti la proprietà fondiaria e la gestione delle acque irrigue, tematica di cui Giovanetti era profondo conoscitore e specialista legale.

Il suo amore per la giustizia e il suo profondo senso civico (derivatogli dall’educazione, dalle inclinazioni personali e dal momento storico) lo spinsero a partecipare in prima persona  alla gestione della cosa pubblica, dapprima in ambito locale -Comune e Provincia-, poi al Parlamento subalpino e infine come Senatore nel nuovo Parlamento italiano. A Carlo Negroni si dovette anche la promozione per la fondazione di una solida banca popolare, che permise la gestione ufficializzata dei crediti, competitiva rispetto ai precedenti rapporti individuali e ancor oggi attiva.

L’amore per la religione lo rese sensibile verso i meno abbienti, per i quali Negroni si prodigò operando all’interno delle istituzioni cittadine che avevano come obiettivi l’attenzione e la cura dei poveri, degli ammalati, dei bambini. Si attivò soprattutto in relazione ai problemi legati all’educazione infantile e all’istruzione, intervendo in modo diretto a favore degli Asili d’Infanzia.

L’amore per le belle lettere lo rese, oltre che scrittore, accanito collezionista di libri ed opuscoli, soprattutto negli ultimi venticinque anni di vita. Alla sua morte la biblioteca personale, distribuita in più di una sala al primo piano del suo palazzo novarese di corso Cavallotti, 4 contava quasi 17.000 volumi, conservati in 41 scaffali. Di questi ben 4222 erano i volumi a carattere letterario (storia della letteratura, classici latini e greci, teatro), 331 quelli dedicati alla filosofia e 296 all’arte. Fra i volumi più importanti  si segnalano la collezione dantesca,  una delle più cospicue d’Italia e la preziosa Bibbia quattrocentesca (1471) costituita  da dieci corposi tomi acquistati dal convento di San Francesco della Vigna di Venezia ecostata al Negroni un «tesoretto», 1500 lire per la precisione (pari alla retribuzione annua di un impiegato contabile. Nello stesso periodo uno schiavandaro riceveva, invece, circa 81 lire all’anno e qualche bene in natura).

Quello del senatore Carlo Negroni fu un percorso rigoroso e senza quei cedimenti morali a cui sono esposti gli uomini di potere, che si concluse con un altro atto d’amore verso la città che lo aveva accolto nel 1835 e che lui aveva aiutato a crescere con il proprio impegno di amministratore traghettandola, insieme ad altri, da un’economia legata quasi esclusivamente alla terra a quella della nascente industrializzazione. Una città che aveva sempre fatto da sfondo alla sua vita, con le sue  tensioni verso il rinnovamento, i suoi edifici simbolo da costruire (Duomo) o completare (Cupola Basilica di San Gaudenzio), la sua vitalità. Alla sua morte Negroni le lasciò l’intero patrimonio, con attenzione particolare all’erigenda Opera Pia per gli Asili d’Infanzia.

Lasciò il palazzo con la biblioteca e i beni terrieri affinché la città potesse migliorare servizi e prestazioni e, in cambio, chiese solo la manutenzione del sepolcro che aveva fatto costruire per sé e per i propri famigliari su disegno di Ercole Marietti.

Fu, questa, la sua unica debolezza, il segno di riconoscimento per il proprio impegno civile e l’atto generoso. La sua richiesta, infatti, sottintendeva la concezione foscoliana della memoria riservata agli uomini illustri, memoria che Carlo Negroni aveva preparato con cura predisponendo le iscrizioni e l’effige per il sepolcro, scolpita nel bianco marmo di Carrara. La statua realizzata da Giacomo Ginotti, che lo ritrae come gli antichi avvolto nella toga da magistrato, gli era costata 6000 lire, una vera fortuna non solo un «tesoretto», soprattutto se confrontate con le 53 lire corrispondenti al valore globale stimato per le opere d’arte che decoravano la sua casa.

Spesa accettabile, però, per entrare in possesso, attraverso il ricordo collettivo, di un frammento di eternità.