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UOMO, DALLA PAROLA LA NASCITA DELLA CIVILTÀ

L’archeologo De Marinis e il filosofo Pagani alle Questioni di Principio

Novara «Il piede libera la mano, la mano libera la parola». È la frase – presa a prestito dall’antropologo André Leroi-Gourhan – che spiega in sintesi l’unicità della specie umana secondo Raffaele De Marinis, docente di Preistoria e Protostoria all’Università di Milano, e protagonista, insieme con Paolo Pagani, docente di Filosofia morale all’Università Ca’ Foscari di Venezia, all’incontro “Uomo primate, o primato dell’uomo? Alle origini della diversità umana” condotto dall’archeologa Chiara Cerutti sabato 7 marzo a Novara nella sala Maddalena del Palazzo dei Vescovi nel ciclo di conferenze “Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull’inizio” proposte dall’Associazione Culturale Diocesana La Nuova Regaldi e Comitato per Passio in collaborazione con il Comune di Novara e la Fondazione Teatro Coccia in abbinamento alla mostra In Principio allestita all’Arengo. «L’etnologia – prosegue De Marinis – mostra come la posizione eretta, documentata dagli scheletri dei primi ominidi, ha liberato le mani dal compito della locomozione disponendole a funzioni, come la presa di oggetti, prima affidate alla bocca, che finalmente può essere usata per parlare». Nessuna traccia è rimasta ovviamente delle parole pronunciate agli albori della civiltà, ma l’esistenza del linguaggio è l’unica ipotesi che consente di spiegare lo svilupparsi di un’organizzazione sociale e tecnologica sempre più sofisticata. «È un’evoluzione culturale – commenta Pagani – resa possibile con la comunicazione di concetti universali, che l’uomo elabora a partire dall’esperienza concreta, rendendoli “esportabili” per affrontare nuove sfide». Il ragionamento astratto libera così l’uomo dalla visione di una realtà limitata al “qui e ora”, aprendo orizzonti infiniti. «Le pitture e incisioni impresse sulle pareti delle grotte di Chauvet e Lascaux, nel sud della Francia – spiega De Marinis –, documentano la creazione di un ambiente in cui l’uomo paleolitico elabora e celebra la dimensione del sacro». È il segno – conclude Pagani – di «un pensiero umano che si sviluppa grazie alle interazioni elettrochimiche delle cellule neuronali, come “materia” che lo rende possibile, ma alla quale non può essere ridotto».