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Gli imprenditori della Giunta Ain hanno incontrato il viceministro Morando

Enrico Morando (dal suo profilo Facebook)

Novara - «Un voto molto rilevante, destinato ad avere un peso significativo sulla politica economica e sulle prospettive di crescita del nostro Paese». Con queste parole il viceministro dell'Economia e delle Finanze, Enrico Morando, ha definito la consultazione referendaria sulla riforma costituzionale del prossimo 4 dicembre. Incontrando gli imprenditori che fanno parte della Giunta dell’Associazione Industriali di Novara nella tarda serata di lunedì 17 ottobre, Morando ha illustrato anche i principali provvedimenti della legge di bilancio per il 2017, ma la gran parte dell’incontro, molto partecipato, ha riguardato il referendum. «La mia opinione – ha spiegato Morando – è che il suo esito sia destinato a influenzare il futuro del Paese anche sotto il profilo economico, per ragioni che hanno a che fare con la qualità del nostro sistema politico e istituzionale soprattutto relativamente a tre aspetti: la sua capacità di rappresentanza, la sua capacità di decisione e la sua capacità di interlocuzione con i partner dell’Unione europea». Oltre ai risparmi di spesa nel funzionamento delle istituzioni, secondo il viceministro la vittoria del “sì” servirà a dare forza all’Italia nelle decisioni dell’Ue, che vengono prese con il metodo intergovernativo. «In un contesto in cui la credibilità delle nazioni dipende ancora molto dalla stabilità delle leadership di governo che le rappresentano – ha proseguito  – noi, negli ultimi cinque anni, abbiamo avuto quattro differenti premier e siamo ormai l'unico Paese dell’Unione con un governo di natura parlamentare il cui parlamento è formato da due Camere  di natura diversa, nazionale l’una, regionale l’altra, ed elette da un elettorato, attivo e passivo, differente per età e con ruoli spesso sovrapposti. Questo assetto istituzionale ha sempre prodotto scarsa stabilità politica, mentre una sua riforma ci consentirebbe di interloquire con gli altri governi europei a pari livello. L’abolizione del Senato come Camera “politica”, inoltre, porterà a compimento la riforma del titolo V della costituzione, su cui gli italiani hanno già votato a favore. Ma la nuova “Camera delle regioni” dovrà essere inserita organicamente nel percorso legislativo che riguarda le materie di competenza degli enti Regionali e locali. Oggi la Corte costituzionale è investita di un ruolo che finisce per essere immediatamente politico, dovendo esprimersi sui ricorsi delle Regioni che considerano ogni legge dello Stato in materia concorrente un’invasione delle loro competenze; e nonostante il grande equilibrio che la Corte sempre esprime, i risultati di questo contenzioso sono un blocco decisionale, che ha anche dei costi economici. Soprattutto, ciò determina una gravissima deriva sul piano dell'equilibrio del sistema istituzionale, perché sposta il conflitto politico dal Parlamento alla Corte. Si tratta di un vero problema per la nostra democrazia. La Corte ha comunque garantito il principio di prevalenza dell'interesse nazionale, ma è preferibile che questo principio sia fissato in Costituzione».

«Inoltre – ha aggiunto Morando  –  noi sostenitori  del “sì” abbiamo un “piano per gestire la vittoria”: si prosegue con il cambiamento, in un contesto politico e istituzionale rinnovato e di tipo europeo. Il fronte del “no”, invece, non solo non ha un piano per gestire la propria sconfitta – e questo, si sa, può essere tollerato –ma non ha nemmeno un'idea condivisa su come gestire la sua vittoria, a causa dell’eterogeneità delle proposte dei suoi componenti. Questo espone il Paese a una fase prolungata di notevole incertezza, e proprio l’incertezza è da tempo il principale fattore della compressione delle nostre possibilità di crescita. Con la vittoria del “no”, in sintesi, si introdurrebbe un'incertezza di tipo sistemico relativa alla possibilità che l'Italia possa avere governi stabili nel medio periodo, con un conseguente forte indebolimento della sua credibilità internazionale».

Il successivo dibattito ha toccato vari argomenti di carattere macroeconomico. Rispondendo alle numerose domande degli imprenditori presenti, Morando ha sottolineato la necessità di una politica economica e fiscale europee che siano coerenti con la politica monetaria ultra-espansiva della Bce, come avvenuto negli Usa dopo la crisi del 2008 e le conseguenti scelte monetarie della Fed. «In Europa – ha detto – oggi i soldi non costano niente, ma gli investimenti latitano, perché l'orientamento di fondo della politica fiscale è stato sempre restrittivo nei confronti dei bilanci degli stati membri. In questi anni abbiamo cercato di ristrutturare il sistema del credito con provvedimenti importanti, come quello sulle banche popolari e le banche di credito cooperativo, abbiamo iniziato a semplificare il sistema fiscale, anche modificando la qualità delle relazioni con il contribuente, e abbiamo avviato processi di rinnovamento in altri importanti settori, come il mondo del lavoro. Altri Paesi, come la Germania dal 2003 in poi e, più recentemente, la Spagna, hanno fatto riforme molto importanti di cui oggi si vedono i risultati. È un dato di fatto che chi fa le riforme è avvantaggiato: la difesa dello status quo è nemica della crescita».