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Lean, Green e Social – La sostenibilità dello sviluppo

Novara - C'era anche la classe quinta B dell'Itis “Fauser” di Novara, dipartimento Costruzioni aeronautiche, all'incontro intitolato “Lean, Green & Social – La sostenibilità dello sviluppo” svoltosi martedì 6 ottobre nel padiglione di Intesa San Paolo all'Expo e organizzato in collaborazione con la Piccola Industria di Confindustria, il Comitato per la Piccola Industria dell'Associazione Industriali di Novara e quello dell'Unione Industriale di Torino. «All'evento – spiega il presidente del Comitato per la Piccola Industria dell'Ain, Roberto Francoli (nella foto) – siamo riusciti a far partecipare, a nostre spese, una classe dell'Istituto tecnico novarese che sta seguendo un percorso didattico sulla “produzione snella”, assicurato grazie alle risorse della Camera di Commercio di Novara e cui l'Ain ha dato un significativo contributo progettuale e organizzativo. Ci è sembrato doveroso poter dare anche ai “nostri” ragazzi l'opportunità di prendere parte a un’occasione di confronto tanto interessante e stimolante, per la qualità dei relatori, quanto riservata ed esclusiva, essendo presenti, tra il pubblico, soltanto altre due classi torinesi».

Tutti gli interventi, tra cui quelli di Giorgio Possio, vicepresidente della Piccola Industria di Confindustria e presidente del Lean Education Network, e di Anna Possio, Lean Coach di Assocam – Scuola Camerana (agenzia formativa di Unione Industriale, Amma e Camera di Commercio di Torino), hanno sottolineato la centralità, nell'intero processo che caratterizza l'approccio “Lean”, della risorsa umana come vero “motore” del miglioramento della produzione.

«Il filo rosso che, anche concretamente, “legava” gli interventi dei relatori – racconta il responsabile delle aree Qualità, Certificazioni e Organizzazione aziendale dell’Ain, Giovanni Rossitti – è quello con cui sono strettamente interconnessi i concetti di “Lean”, “Green” e “Social”, nel senso che attraverso l’approccio Lean, che comporta una riduzione degli sprechi, si arriva in modo diretto ad avere un beneficio per l’ambiente e che questo approccio, per la sua natura operativa, che vede l’individuo come attore responsabile del percorso di ottimizzazione di tempi e risorse, è indiscutibilmente legato alla dimensione dell’apprendimento e della valorizzazione del capitale umano».

Collegandosi ai temi portanti dell’esposizione universale, Andrew MacMillian, ex-direttore Field Operations della Fao, nel suo intervento (intitolato “Sradicare la fame in tempi di crisi. Cominciamo subito!”) ha sottolineato quanto un approccio orientato alla riduzione degli sprechi, come quello messo in atto dalle aziende che hanno applicato al loro interno i principi della “Lean organization”, possa consentire di gestire meglio il problema dei gravi problemi di nutrizione cui, nel mondo e in Italia, deve ancora far fronte un vasto numero di persone. Laura Carriero, di Save the Children Italia Onlus, ha poi indicato agli studenti alcune strategie messe in atto nei paesi più poveri per supportare, attraverso l'apprendimento pratico, lo sviluppo di una cultura della microimprenditorialità che porti i soggetti più svantaggiati verso un percorso di autosufficienza alimentare.

«Si è trattato di un evento molto positivo – commenta Carlo Robiglio, presidente del Comitato per la  Piccola Industria di Confindustria Piemonte e direttore de “L’imprenditore”, il mensile della Piccola Industria di Confindustria, che aveva aperto i lavori – e che gli studenti hanno seguito in modo attento e partecipe. Decisamente interessanti sono stati gli spunti di riflessione offerti dai relatori che, andando oltre la dimensione strettamente tecnica dell’approccio “snello” all’interno del sistema manifatturiero e dei servizi, hanno posto l’accento sulla necessità della riduzione degli sprechi di cibo, che impattano per centinaia di miliardi ogni anno a livello globale proprio a causa della mancanza di un'organizzazione “Lean” nella loro gestione. Si è trattato, insomma, di un'opportunità per “seminare” idee positive. Speriamo che attraverso una “socializzazione” di questa esperienza, prima negli istituti tecnici e poi nel mondo del lavoro, i ragazzi che erano presenti diventino protagonisti della diffusione di un modello culturale di grande importanza e valore».