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Vino e Grande Distribuzione Organizzata

Novara - In uno scenario in chiaroscuro per il comparto enologico, il canale GDO vive un momento di rinnovata vitalità dello scaffale del vino. Contribuisce a questo trend la frenata del fuori casa – penalizzato anche dalla normativa sul consumo di alcolici e guida – e dal riscontro delle private label, partite tardi ma oggi con le idee chiare. Il mondo cooperativo e i produttori privati rinnovano la propria offerta rivolta alla GDO puntando sulle leve della territorialità, buona qualità percepita, organizzazione, prezzo centrato e identità.

Unioncamere Piemonte ha permesso lo sviluppo di una riflessione su questi temi in occasione dell'evento “Vino e GDO: possibili barriere in ingresso e strumenti per valorizzare il prodotto”, promosso con il contributo di Agroqualità, del Gruppo Rina e di Consulmarketing durante l'ultimo Vinitaly.

Il workshop, moderato dal giornalista di Largo Consumo Armando Garosci, ha visto la partecipazione di Paolo Rovellotti, presidente della Camera di Commercio di Novara e imprenditore vitivinicolo, di Simone Pambianco, product manager prodotti a marchio Despar, di Marco Nannetti responsabile relazioni esterne di Gruppo Cevico, di Sergio Soavi, responsabile prodotti tipici di Coop Italia, e di Samantha di Laura, direttore marketing di Cantine Settesoli.

«Per valorizzare l’agroalimentare occorre prima di tutto tutelare l’autenticità dei prodotti– ha sottolineato Paolo RovellottiIl fatturato del falso Made in Italy supera i 60 miliardi di euro, cifra rilevantissima a cui si aggiunge la perdita di opportunità economiche ed occupazionali. La collaborazione con la GDO è un passo importante per dar vita ad una filiera in cui tutti gli attori, dal produttore al distributore finale, parlino la stessa lingua, quella della certezza dell’origine e della trasparenza, garantite da una certificazione e da un’etichetta capaci di offrire al consumatore un messaggio inequivocabile circa la qualità dei prodotti. Qualità che andrebbe inoltre a potenziare l’appeal delle nostre attrazioni turistiche – ha aggiunto Rovellotti – con forti potenzialità di sviluppo per l’intero Paese».   

La discussione ha mostrato che le dimensioni aziendali, in sé, non contano. È più importante essere inseriti in una filiera e avere le idee chiare sul proprio target di consumatori. La comunicazione riscopre il valore del consumo domestico e sociale del vino, il consumatore preferisce una minore retorica e autoreferenzialità del vino, oltre che un prodotto più comprensibile e un po' meno prigioniero dei suoi riti.

I lavori sono stati introdotti da Stefano Fina, direttore commerciale di Consulmarketing con un’analisi sulla mappa competitiva dello scaffale nella GDO. «Da una recente analisi di mercato emerge che nel 2012 la categoria vino in GDO non è passata indenne sotto il giogo della crisi dei consumi, registrando il -3,7% nei volumi. All’apparenza in contraddizione, la stessa analisi ci ha però mostrato che è aumentato il trend a valore del +1,9% rispetto all’anno precedente: ciò ci ha spinto ad interrogarci su cosa sia successo sugli scaffali del vino nella GDO nazionale» ha detto Fina.

«Mettendo a confronto rilevazioni compiute in marzo 2012 e successivamente in marzo 2013, sullo stesso panel nazionale di punti vendita super e iper, di otto diverse insegne, quello che è emerso è riassumibile in un’unica parola chiave: stabilità. Abbiamo riscontrato le stesse numeriche di referenze presenti a scaffale e analoghe fasce di prezzo; siamo quindi in grado di dedurre che il consumatore ha privilegiato l’acquisto di un vino più pregiato e quindi più costoso, riducendo però il consumo settimanale».

Il vino in tempo di crisi si traduce ancor più in occasione per viziarsi e coccolarsi, infatti ben il 6% delle referenze dei prodotti a scaffale sono destinati ad un pubblico alto spendente, con un prezzo medio a confezione superiore a 15 euro. La leva promozionale ha invece subito una notevole variazione: la numerica di referenze in promozione è quasi raddoppiata, passando dal 6% nel 2012 all’11% nel 2013 ed è addirittura triplicato il numero di referenze proposto in sconto dall’insegna. Il mix promozionale risulta così in mano ai retailers che, gestendo il 99% delle attività promozionali (69% sconto insegna e 30% carta fedeltà), lo utilizzano come leva per creare traffico e fedeltà ai propri punti vendita.

«Le piccole e medie aziende produttrici quindi – prosegue e conclude Fina – se vogliono entrare e restare in GDO devono aver chiaro il proprio target e posizionamento, oltre a conoscere e tenere monitorato costantemente ciò che avviene sugli scaffali: come si comportano i competitor diretti, le variabili promozionali applicate delle insegne e tenere in continua considerazione se il proprio posizionamento resta coerente con lo scenario competitivo sempre in movimento».

«La tradizione, il legame con il territorio, la varietà, un rigoroso sistema di controlli fanno del vino italiano un prodotto dalle caratteristiche uniche apprezzato in tutto il mondo– ha commentato Enrico De Micheli, direttore Agroqualità – come dimostra l’incremento del giro d’affari dell’export pari al +6,5% rispetto al 2011. Per affrontare i mercati internazionali le aziende italiane, oltre ad assicurare un elevato livello qualitativo, devono essere in grado di fornire garanzie in termini di sicurezza alimentare, rispetto delle leggi del Paese in cui il vino è esportato, capacità organizzativa. Proprio per questo motivo trovano sempre più spazio alcuni standard (BRC - IFS) definiti dalla Grande Distribuzione Organizzata internazionale, che senza dubbio rappresenta uno dei canali preferenziali per l’accesso ai mercati esteri. La caratteristica di tali standard risiede nella capacità di integrare requisiti di sistema che conferiscono all’organizzazione coerenza e regolarità nell’operato, controllo sui propri processi, monitoraggio delle criticità, con elementi specifici del settore agroalimentare, inerenti alla rintracciabilità, alle buone pratiche produttive, alla sicurezza alimentare».

«La conoscenza approfondita degli standard certificativi richiesti dalla Grande Distribuzione e un’efficiente gestione aziendale sono condizioni indispensabili per la crescita organizzativa delle aziende vitivinicole che possono così proporsi sul mercato in modo strutturato e adeguato– ha aggiunto Achille Tonani, general manager Health&Food Gruppo RINA - Al territorio e alla storia, alla base del successo del vino Made in Italy, è necessario affiancare altri elementi ovvero la capacità di assicurare una qualità costante e sistematica, comunicando al consumatore le proprie performance in modo trasparente e tramite evidenze oggettive, anche per quanto concerne la sostenibilità, ad esempio attraverso lo strumento della Dichiarazione Ambientale di Prodotto certificata».