Share |

Mauro Laus (Pd): Dalla parte degli infermieri

Torino - Riceviamo e pubblichiamo dal consigliere regionale Mauro Laus (Pd): "Dalla parte degli infermieri. Su questi operatori sanitari gravano infatti crescenti responsabilità, costretti a lavorare in condizioni insostenibili. L'indifferenza con cui la Regione ha respinto le richieste di confronto con i rappresentanti della categoria non è più accettabile. La voce degli infermieri che si leva dalla maggior parte dei nostri ospedali è un lamento di fatica e di frustrazione cui si è arrivati a forza di turni massacranti, responsabilità crescenti e carichi di lavoro spesso insostenibili. Ma questi operatori sanitari denunciano, prima di ogni altra rivendicazione, il torto che solamente la carenza di medici venga considerata dalle istituzioni (Regione in primis) un reale problema di sicurezza per i pazienti. Eppure sono anni che la normativa impone loro il raggiungimento di precisi standard assistenziali, ai quali sono correlate altrettante responsabilità che disegnano con precisione quale ruolo debbano avere e in quale conto debbano essere tenuti. Insomma, il tempo per gli infermieri non è ancora stato galantuomo: sono aumentati gli oneri, ma non gli onori. Per cominciare, all'attività tradizionale si è aggiunta una buona dose di adempimenti burocratici, che né le aziende sanitarie né tanto meno i pazienti sono disposti a considerare delle mere formalità. Cartelle cliniche alla mano, nelle Asr piemontesi le denunce per responsabilità civile a carico di infermieri risultano in sensibile aumento e di conseguenza le richieste di risarcimento dei danni. Questo è un risvolto nuovo, ulteriore e preoccupante di una situazione tristemente nota in ambito ospedaliero, dove già negli ultimi anni i medici si sono ritrovati a fare i conti con un anomalo incremento dei contenziosi. E tanto dovrebbe bastare alle istituzioni per innalzare l’attenzione sugli aspetti qualitativi e quantitativi di questo lavoro in prima linea. Ma così non è. Agli infermieri di oggi si chiedono competenze sempre più specifiche, in linea con la rinnovata domanda di salute della comunità, e più partecipazione al compimento del percorso terapeutico, che prevede, oltre all’utilizzo degli strumenti di cura tradizionali, anche l’interazione con nuove tecnologie. Tutto ciò avviene però in un quadro organizzativo che rimane spesso inalterato, dove l’aiuto proveniente dagli operatori socio-sanitari non è in grado, da solo, di scongiurare il rischio default. A ciò si aggiungono alcune specificità del “mestiere” non secondarie quando si ragiona di numeri e di piante organiche. Ad esempio, che quella dell'infermiere è una professione altamente invalidante e che, attualmente, quasi il 50 per cento del personale nei nostri ospedali ha delle limitazioni riconosciute dalla Medicina del lavoro. C’è poi la prevalenza della componente femminile nella professione, una caratteristica che ha portato il ricorso al part-time a punte del 25 per cento in alcune aziende sanitarie. E’ questo un deficit di operatività che non può essere considerato trascurabile. Se fossero solo numeri, all'appello in Piemonte mancherebbero, secondo fonti sindacali, circa 3mila unità, una carenza cronicizzata dacché la Regione è entrata in piano di rientro. Ma solo numeri, come abbiamo visto, non sono. L'incapacità di misurare complessità e intensità del lavoro svolto sui malati, insieme con il mancato riconoscimento della professionalità autentica dell'infermiere, inchiodano la Regione a un'evidenza ben più imbarazzante dell'impossibilità di assumere nuovo personale perché i soldi non ci sono. L'indifferenza con cui sono state respinte le richieste di attivazione di tavoli di confronto tra rappresentanti della categoria, Università e forze sociali non è più accettabile, soprattutto laddove sono mancati interventi organizzativi a costo zero che avrebbero perlomeno potuto arginare gli effetti più drammatici del super lavoro e della carenza di operatori. Solo una visione d'insieme può agevolare la soluzione dei problemi, quella visione che nella Sanità governata dalla giunta Cota è stata la grande assente".