Share |

FARE VOLONTARIATO? UNA PILLOLA DI BENESSERE

OTTO STORIE DI VOLONTARI A CASA “PICCOLO BARTOLOMEO”

Borgomanero - “Pillole di benessere che sostituiscono le medicine e che, per di più, sono gratuite”. Così la borgomanerese Carla Macchi definisce il volontariato svolto a casa “Piccolo Bartolomeo”. Mario Metti, responsabile di Mamre onlus, lancia un appello per trovare nuove persone disposte a dedicare qualche ora del loro tempo libero al centro di accoglienza per ragazze madri e donne in difficoltà situato in frazione Santo Stefano. Continua Macchi: “All'incirca tre anni fa, stavo attraversando un periodo molto difficile. E qui ho scoperto la mia salvezza. Sin dal primo giorno ho cercato di mettere a disposizione quello che potevo, e mi sono subito ritrovata a portare a casa una voglia di vivere, una forza per andare avanti, che prima, sinceramente, non avevo. Tutti i miei problemi sono passati in secondo piano. E' un'esperienza che consiglio a tutti: posso assicurare che, dopo averla iniziata, non si riesce più a smettere. E' qualcosa che ti entra dentro. E ogni ragazza che completa il suo percorso di reinserimento è una vittoria”.

Un'altra borgomanerese, Gabriella Albini, 16 anni fa ha effettuato il primo turno, quello che ha “inaugurato” casa “Piccolo Bartolomeo”. “Venni coinvolta da suor Maria Serena, allora insegnante di mia figlia - ricorda -  ma allora lavoravo e di tempo libero ne avevo davvero poco. Al massimo, riuscivo a trascorrere una notte a settimana. Poi i figli sono cresciuti e ho potuto aumentare il mio impegno: dai tanto, ma ricevi anche tantissimo. Si torna a casa stanche, ma appagate. Per esempio, non dimenticherò mai l'aver potuto accompagnare a partorire alcune ragazze dopo essere stata loro vicino durante i nove mesi della gravidanza. E anch'io voglio rivolgere un invito a venire a casa “Piccolo Bartolomeo” a fare volontariato: oltre ad avere l'opportunità di conoscere altre culture, è il modo giusto, specialmente per i giovani di oggi che hanno tutto, per capire cos'è realmente la vita, per comprendere quante persone si trovano in stato di disagio”. Cristina Variale, anche lei di Borgomanero, era attiva nel campo della moda: “Una realtà patinata, in cui si finisce con il perdere ogni legame con il mondo reale. Sentivo dunque la necessità di fare, passatemi l'espressione, qualcosa di “umano”. A casa “Piccolo Bartolomeo” svolgo attività piuttosto pratiche: mi occupo della dispensa, del guardaroba, sto con i bambini... Qui si entra in contatto con tante culture, tante storie. Con le ospiti parliamo anche di viaggi, di ricette. L'essere così diversi è un valore che arricchisce reciprocamente”.

Angela Magistro di San Maurizio è stata coinvolta da un'amica: “E' stata lei a parlarmi della casa di accoglienza, e io ho scelto di dedicare un po' del mio tempo a quest'associazione. Davvero una bella esperienza. Che cosa faccio? Un po' di tutto: dalla cucina ad altre attività”. La gozzanese Daniela Allegra puntualizza: “Certo ci vuole parecchia pazienza, ci si deve rendere conto che queste ragazze sono in un momento non facile della loro esistenza. Altrimenti sarebbero a casa loro”. Alessia Maratea di Cavaglio segue principalmente i bambini. “Di casa “Piccolo Bartolomeo” mi ha parlato, tre anni fa - spiega - l'educatrice Margherita Fortina. E qui io ho effettuato il tirocinio di operatrice socioassistenziale per l'infanzia. Ma non solo: per esempio, aiuto le ragazze a cucinare. In generale, in quest'esperienza ho imparato più io da loro che loro da me. E' uno scambio reciproco che mi ha anche modificato un po' il carattere: sono diventata più tranquilla”.

Ma a Mamre non fanno volontariato solo le donne. Non mancano gli uomini. Come Fulvio Vicario: “Mi sono avvicinato a questa realtà dopo aver sentito un appello di Metti al collegio “Don Bosco”. Le sue parole mi hanno colpito moltissimo. Lui mi ha fatto visitare la casa e così è cominciata questa fantastica avventura”. Aggiunge Ugo Corrà: “E' stata mia moglie a suggerirmi di provare un'esperienza di volontariato. Quando ho incontrato Mario, gli ho detto che sapevo fare solo il mio lavoro. E lui mi ha risposto: “Sei padre? E allora vieni”...”. Fulvio e Ugo fanno giocare i bambini (“cercando di trasmettergli delle regole, ma senza imporci”), li portano in giro, e così via. “Ho conosciuto - conclude - delle persone meravigliose. Le ore che trascorro qui sono fondamentali. Uno crede che, dedicandosi al volontariato, deve solo dare. Non è così: è molto di più quello che si riceve”. Anche Vicario la pensa così: “E' un'esperienza salutare, anche, per carità, faticosa, ma che fa stare  incredibilmente bene”.