Novara - C’era una canzone anni fa che si intitolava Slave to the rithm. La cantava la splendida Grace Jones (anno 1985) ed era un misto di sonorità e sensualità che ne fecero dell’interprete un’autentica icona della musica pop di quegli anni. Allora Marco non era ancora nato, ma di certo lui sa che cosa sono il ritmo e le percussioni, tanto che oggi è un apprezzato performer nei principali club italiani e non solo. Ogni tanto è ospite di giovedì sera del programma Music Enjoy Live su Radio Onda Novara.
Marco, parlaci di te. “Mi chiamo Marco Moony; sono nato a Milano il 18 dicembre 1987; sin da piccolo in me sorge una grande passione, quella per la batteria seguita poi da quella per le percussioni, strumento già suonato in passato dal padre e dal fratello. Decido quindi di approfondire gli studi, contando sull'aiuto di numerosi maestri e diversi metodi, fino a completarli in accademia musicale, dove affina ulteriormente l'approccio allo strumento che, ancora oggi, evolve in continuazione con ispirazioni e obiettivi sempre nuovi. Tutto per me iniziò in modo diverso, e soprattutto in una situazione musicale differente… Comincio a suonare con diverse band sviluppando generi che spaziavano dal Funky, al Latin, dal Pop al Rock; ma frequentando diversi club una sera rimasi affascinato da una situazione completamente diversa: ovvero un percussionista che seguiva la musica di un dj! Decisi quindi di inserirsi in un mondo musicale completamente diverso rispetto a quello dove era cresciuto”.
Come hai cercato di approcciarti a questo nuovo modo di intendere la musica e di suonare? “Lavorando di giorno e suonando di sera stava cominciando a diventare una situazione inadeguata, quindi decisi di prendere coraggio e di fare la svolta decisiva per la mia vita: dedicare alla musica ogni istante di ogni singolo giorno. Subito dopo mi trovo a fare le prime esperienze lavorative nel mondo delle discoteche, che cominciano a coinvolgermi sempre più profondamente – oggi è considerato uno dei musicisti italiani più validi nel suo genere – Mi presento al pubblico con un solo obiettivo: divertirlo e colpirlo, cercando di esprimere tutto il talento, trasformando una semplice performance live in un grande spettacolo. Una strumentazione varia e completa rappresentano quella che vuole essere la mia originalità e professionalità, permettendo il mio inserimento in qualsiasi contesto, dalle situazioni più raffinate ed eleganti alle più commerciali e singolari”.
Come possiamo inquadrarti? “Artista poliedrico, versatile, capace di dar vita ogni volta ad un'esibizione diversa che unisce il ritmo delle percussioni ai più svariati strumenti e generi musicali che spaziano dalla tribal, tech, progressive, deep house music fino ad arrivare al latin jazz. Un unico scopo: creare sempre più energia, ma specialmente in modo originale e sorprendente”.
Parliamo ora del tipo di ambiente dove lavori. “Il mondo della notte ha diverse sfaccettature: al giorno d’oggi purtroppo tutto è molto più difficile, perché i cambiamenti sono stati molti, in più aggiungiamo che la situazione italiana a mio parere non permette di fare emergere il vero talento dell’artista nel giusto modo, quindi lo sforzo è doppio, ma ormai sono discorsi fatti e rifatti, quindi bisogna andare avanti con la massima concentrazione su quel che si vuole raggiungere. Nutro tutto il rispetto per coloro che hanno formato col tempo un grande nome come percussionisti, però è giusto dare spazio anche a nuove promesse che davvero potrebbero fare la differenza. Nonostante la mia giovane età, dopo numerosi live in diversi noti club d’Italia, ad oggi essere classificato come uno dei giovani più talentuosi e innovativi percussionisti appartenenti al panorama della House music, sapendo tutto il sacrificio che c’è alle spalle, è una soddisfazione indescrivibile. Con la massima determinazione ed impegno continuerò a formulare sempre nuove idee”.
Chi può suonare ed interpretare questo tipo particolare di musica? “Purtroppo come ho già detto, non serve essere solo bravi per suonare un tipo di musica come la House, ma ci sono importanti basi da imparare, esattamente come quelle che si trovano per altri generi musicali. Solo così si potrà fare la differenza nel suonare in un dj set, altrimenti per il troppo virtuosismo si potrebbe ottenere esattamente l’effetto contrario”.
Della tua strumentazione che cosa ci puoi dire? “Per offrire qualcosa di diverso dalle solite percussioni che seguono un dj set, ho deciso di creare con dei drum set elettronici nuovi suoni, per esempio melodici, quindi avere la capacità di poter creare da zero un brano live… creando all’istante la base sia melodica che percussiva”.
Ultima domanda, forse la più difficile: aspirazioni e ambizioni? “Beh in previsione ci sono diversi progetti e spero di avere la possibilità di portarli tutti a termine. La cosa più importante sarà cercare di affinare sempre più le mie tecniche e sviluppare al meglio le mie doti, in modo da arrivare ad un obiettivo: essere unico nel mio genere. Un'altra grande ambizione sarà quella di fare grandi produzioni e collaborazioni con diversi dj e produttori internazionali… Ma diamo tempo al tempo. La mia regola sarà sempre racchiusa in tre parole che sono per me alla base di qualsiasi cosa: umiltà, professionalità e creatività”.
In bocca al lupo Marco e… ricordando proprio la canzone di Grace Jones “Work to the rhythm, Live to the rhythm, Love to the rhythm, Slave to the rhythm (lavoro per il ritmo, vivo per il ritmo, amo per il ritmo, sono schiavo del ritmo).
Gianmaria Balboni