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Sia santificato il tuo nome: secondo incontro in Battistero con Barbaglia e Giagnoni

don Silvio Barbaglia

Novara "Nessuno è il mio nome: Nessuno mi chiamano mia madre e mio padre e tutti gli altri compagni". È il grido di Ulisse nell'antro del ciclope ad aprire il secondo incontro dedicato, domenica 4 marzo, nel Battistero del Duomo di Novara, alla riscoperta del Padre nostro, con il biblista don Silvio Barbaglia e l'attrice Lucilla Giagnoni. Un nome falso, quello che Ulisse rivela a Polifemo, ma simile nel suono – nel greco antico del poeta Omero – a quello del suo nome autentico: Odisseo. Il cui probabile significato – "sono odiato" o "mi lamento" – racchiude nel profondo il suo destino amaro di perenne esule. "Ma se la percezione dell'uomo nelle civiltà antiche è – afferma don Barbaglia – che i nomi racchiudano in sé l'essenza del reale, una critica serrata, a partire dai Sofisti, passando per la teologia Scolastica, fino al moderno decostruttivismo, ha mostrato come la ! realtà, la sua rappresentazione nella mente umana e la sua espressione nel linguaggio non siano perfettamente coincidenti e sovrapponibili". E se i nomi non dicono la realtà significata in modo certo e univoco, come si potrà ancora pregare "Padre nostro, sia santificato il tuo nome", come Gesù insegna ai suoi discepoli? Ma se il "nome" di Dio è aspetto problematico in questa invocazione della preghiera più nota della civiltà cristiana, non di meno lo è la richiesta che esso "sia santificato". Qui infatti si chiama in causa la categoria di "santità", che affonda le radici nei testi dell'Antico Testamento. "Voi sarete per me una nazione santa", "Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo", rivela Dio a Mosè sul monte, come si legge nei libri di Esodo e Levitico. Dove "santo" non indica tanto l'adesione perfetta a una legge morale, ma l'essere impegnati a favore della vita, ! per difenderla dagli attentati della morte. Una vita che è intrinsecamente "buona", come "buone" sono descritte, nel libro della Genesi, le opere che Dio compie nei sette giorni di creazione, in cui egli agisce separando la luce dalle tenebre, le acque sopra al cielo da quelle sotto al cielo, e la terra dalle acque, per liberare la vita dal caotico abbraccio della morte. E anche il nome con cui Dio si rivela a Mosè sull'Oreb da un miracoloso roveto ardente, per inviarlo a liberare Israele dall'oppressione degli Egizi, può essere interpretato in questa direzione: "Io sarò con te". Un nome che dice la volontà di Dio di essere in relazione di alleanza con il suo popolo, più volte annunciata dai profeti, fino al testo di Isaia che lo proclama "Emmanuele: Dio con noi". È nella relazione, dunque, che si comprende – al di là di ogni critica teologica e decostruttivistica – la verità di Dio. N! ell'essere suoi servi. Anzi, suoi figli, come Gesù insegna ai discepoli, invitandoli a rivolgersi a lui con il nome inedito di "Abbà, Padre". Una relazione profonda con Dio, che spinge ad attendere, con impaziente fiducia, il compimento della sua opera di liberazione della vita per sottrarla per sempre alle minacce della morte. Morte che Francesco d'Assisi giunge così a chiamare "sorella nostra", nel suo cantico di lode alle meraviglie del creato, liberato dall'azione benefica di Dio. Egli infatti è l'autore di quella pace escatologica, che – canta David Maria Turoldo – "è l'Eden, l'Armonia da sempre agognata, giardino dell'Alleanza che sta nel cuore della terra, giardino da sempre rimpianto". Ma quando, dove, come e perché si compirà questo regno di pace? La risposta in Battistero domenica 11 marzo alle ore 21.