Milano - (i.p.) Da qualche anno si sente parlare sempre più spesso di “Industria 5.0”, o di quinta rivoluzione industriale. E come avviene durante in grandi cambiamenti, non bisogna porre l’attenzione solo sul progresso tecnologico, ma anche sul cambiamento culturale e politico che ne consegue.
Ma è davvero iniziata? I segnali ci sono: le istituzioni europee hanno già tracciato le linee guida, molte aziende stanno integrando nuovi modelli di produzione sostenibili e umanocentrici, e le tecnologie abilitanti sono già operative.
Anzi, la stessa Commissione Europea ha pubblicato nel 2021 il report “Industry 5.0 – Towards a sustainable, human-centric and resilient European industry”, in cui si afferma che l’Industria 5.0 non sostituisce la 4.0, ma la completa. Oggi, in più, c’è una digitalizzazione quasi compiuta e che si basa su tre pilastri fondamentali: centralità dell’essere umano, sostenibilità ambientale e elasticità verso i cambiamenti globali.
Le infrastrutture tecnologiche di nuova generazione stanno già abilitando questa trasformazione. Ma non bisogna pensare a enormi macchinari o a visioni in stile sci-fi: l’industria attuale, infatti, è fatta di micro-processori, adattatori e componenti. Un esempio è quello rappresentato dai prodotti Moxa, essenziali nel grande mercato dell’automazione e della connettività dei sistemi industriali avanzati. Grazie a queste componenti è stato possibile creare un modello produttivo più intelligente, adattabile e sostenibile.
Dalla fabbrica intelligente alla fabbrica umana
L’Industria 4.0 aveva come obiettivo l’ottimizzazione della produttività attraverso automazione, IoT e intelligenza artificiale. Ma secondo molti esperti, questo modello rischia di marginalizzare l’essere umano, trasformandolo in un semplice operatore. Da qui la spinta verso l’Industria 5.0: riportare l’uomo al centro, valorizzandone creatività, capacità critica e flessibilità.
L’interazione uomo-macchina diventa simbiotica, quindi non ha lo scopo di sostituire, ma di collaborare. I robot collaborativi, i sistemi di realtà aumentata, l’edge computing e l’intelligenza artificiale servono a supportare l’operatore, a ridurre carichi fisici e cognitivi, e a personalizzare il lavoro.
Non è un’utopia. La realtà aumentata, i digital twin e la IIoT (Industrial Internet of Things) stanno già plasmando ambienti produttivi ibridi dove lavoratori reali e macchine intelligenti cooperano in tempo reale. Qui nasce la figura del Meta-Operator, cioè un lavoratore potenziato da tecnologie XR e dispositivi connessi.
L’industria come forza sociale e ambientale
La quinta rivoluzione industriale simboleggia la rottura netta con il modello estrattivo del passato: da efficienza a responsabilità. L’industria deve diventare uno strumento attivo per la sostenibilità ambientale, per la salute delle persone, e per l’equilibrio del territorio.
L’approccio proposto dall’Industria 5.0 prevede l’adozione di pratiche circolari, l’uso di materiali intelligenti, la riduzione degli sprechi e l’ottimizzazione energetica. In questo, le tecnologie già utilizzate in ambito Industry 4.0, come i sensori IoT, i sistemi edge o la raccolta dei big data, vengono ripensate in chiave ecocompatibile.
Secondo il piano “Transizione 5.0” varato dal governo italiano, le imprese potranno accedere a incentivi se dimostrano una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3% sull’intera struttura produttiva o del 5% sul singolo processo industriale.
È un segnale forte: chi investe in sostenibilità e tecnologie 5.0 non lo fa solo per etica, ma per convenienza.